Anche una foresta ricorda il cardinale Martini nella terra dove lui stesso aveva scelto di vivere dopo la conclusione del suo episcopato ambrosiano. A Giv’at Avni, sopra Tiberiade, vicino al kibbutz Lavì, lo scorso giugno sono stati piantati i primi arbusti che, crescendo insieme ad altri alberi, formeranno questa foresta, promossa dal Fondo Nazionale Ebraico e subito sostenuta dalla Diocesi e dal cardinale Scola.
«È la prima volta che un simile riconoscimento viene attribuito a un Cardinale, dopo le foreste intitolate a Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Questa scelta incontra la sensibilità tipica dell’ebraismo e quella cristiana – spiega monsignor Gianantonio Borgonovo, arciprete del Duomo, tra i promotori dell’iniziativa -. Gli alberi, emblema capace di portare frutti, segno di pace, richiamano, biblicamente, il luogo in cui in cui coltivare il dialogo e renderanno ancora più bello quell’angolo della bassa Galilea, da cui si domina la vallata di Tiberiade, rendendolo simile al “giardino di delizie” che Gesù stesso poteva vedere nel I secolo. La foresta – a cui privati, associazioni, gruppi e parrocchie hanno contribuito – sarà costituita di migliaia di fusti, per la maggior parte carrubi: i sempreverdi cari alla Bibbia, che danno frutto solo dopo tempo, dalle “fondamenta” forti come le radici ebraico-cristiane. E forse, come fu detto il giorno della prima piantumazione, lo stesso cardinale Martini, se fosse ancora a Gerusalemme, «guarderebbe gli alberi, farebbe un grande respiro, e direbbe: non dobbiamo avere paura, perché la foresta diventerà grande con il tempo, la pazienza e la calma. La foresta rimarrà così a imperitura memoria di un uomo come il cardinale Martini, che, profondamente legato al popolo ebraico, fu sempre promotore di pace e di giustizia».