Un lavoro, un ministero, una scelta. In cui prima di tutto oggi si punta alla formazione. Il presidente dell’Unione diocesana sacristi Cristian Remeri descrive così questa figura, di cura e custodia delle chiese. E non solo: «La vita del sacrista passa anche attraverso le relazioni con le persone», precisa.
Remeri ha 39 anni, è sposato e svolge il suo incarico a Varedo, nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo. «Aiutavo in parrocchia fin dall’adolescenza – ricorda -. “Bazzicavo” la sacrestia da quando avevo 12 anni, aiutavo il vecchio sacrestano e ho continuato farlo fino a che non è andato in pensione…». Per alcuni anni Remeri ha svolto un’altra professione: l’assunzione come sacrestano a tempo indeterminato risale al 2009: «Ma sono rimasto sempre legato alla parrocchia…», precisa.
Chi è dunque il sagrestano oggi? «Una persona addetta alla cura della chiesa, ad aprire, chiudere, tenere pulita la struttura. Ma è anche una persona formata per coadiuvare nelle funzioni liturgiche, fa un po’ il “regista”, come mi piace dire: significa mettersi al servizio delle celebrazioni liturgiche».
Per questo secondo il presidente dell’Unione sacristi è fondamentale per la categoria lavorare tanto sulla formazione: «Si tratta di un momento di incontro per chi è sacrista, ma anche per chi è volontario. Perché anche i volontari devono sapere che cos’è un lezionario e quali sono i tempi liturgici. E soprattutto – sottolinea – il sacrista è quella persona che custodisce e preserva anche i beni culturali in cui opera».
Gli iscritti all’Unione sono circa ottanta, ma le persone che svolgono questo compito in diocesi sono naturalmente più numerose. «Stiamo cercando di sensibilizzare i parroci – spiega Remeri a far partecipare le persone ai momenti dell’Unione, come i ritiri di Avvento e di Quaresima, che quest’anno si svolgerà ad Arma di Taggia».
C’è poi l’attenzione alla formazione spirituale: «Quello del sacrista non è solo lavoro, ma anche vocazione – dice ancora -. Se qualcuno lo facesse solo come mestiere non gli riuscirebbe molto bene. Lavorare il sabato, la domenica, durante le feste, se non lo “condividi”, diventa pesante». Ed è una scelta di vita: «Chi è sposato in questo senso non ha problemi. È una cosa normale, Per chi fa i turni, come capita ai medici, è uguale».
Lo stipendio è di 1260 lordi al mese. Nel contratto è previsto un secondo livello: ai sacristi assunti come primo impiego un “apprendistato” da 950 euro al mese. Si lavora 44 ore alla settimana, concordate col parroco in base alle esigenze della parrocchia. In passato era compreso anche l’alloggio, ora non è più così.
E oggi ci sono nuovi giovani che scelgono di fare i sacristi: «L’anno scorso abbiamo festeggiato il 45 esimo dell’Unione e ci siamo resi conto che ci sono tante persone nuove con meno di 40 anni. Vedere volti giovani appassionati al servizio di parrocchia e liturgia è uno stimolo importante».
E l’Unione sacristi fa rete: «Non deve servire solo quando ci sono problemi. Il nostro compito prima di tutto è fare formazione e aggregazione di persone che svolgono lo stesso lavoro. Fare il sacrista non è solo un’occupazione per la persona, ma un ministero particolare nella Chiesa. Questo si dice nei praenotanda del messale romano ed è un riconoscimento importante. Inoltre, è scritto anche nel contratto, il sacrista deve avere un comportamento moralmente corretto. Perché è visto come l’uomo della porta e dell’accoglienza, quindi è la prima figura che chi non frequenta ordinariamente la chiesa incontra quando si accosta alla parrocchia, a cui chiede un’informazione…».