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Formazione

Quando la teologia piace non solo ai preti

Boom di iscritti alle scuole teologiche per laici. Tanti i 30enni. Parla il direttore, don Franco Manzi

di Luisa BOVE

6 Ottobre 2013

Sono tante le Scuole di teologia per laici aperte in questi anni in Diocesi, con numeri importanti di iscritti: si va da 150 fino a punte di 300-350, come nel caso di Abbiategrasso. È la risposta «alla sete di approfondire la propria fede», secondo don Franco Manzi, docente di Ebraico e Sacra Scrittura, e dal 2012 direttore della Sezione parallela della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale nella sede di Venegono Inferiore, o più semplicemente preside delle classi del Seminario.

Nella sua Lettera pastorale Il campo è il mondo l’Arcivescovo rivolge l’invito di annunciare il Vangelo dell’umano. Guardando ai tanti laici che oggi si iscrivono alle Scuole di teologia, possiamo dire che una maggiore preparazione faciliterebbe questo compito?
Una riflessione critica sulla propria fede aiutata da un itinerario quinquennale, come quello delle Scuole di teologia per laici, potrebbe favorire una formazione personale capace poi di interagire in tutti i settori della vita, quindi non solo parrocchiale ed ecclesiale, ma anche civile.

Sono sempre più numerose le Scuole di teologia per laici sul territorio. A volte nascono dalla base, a volte dal Decanato o dalla Zona pastorale. Come mai questo interesse per temi non sempre facili?
La coscienza ecclesiale in quanto tale, soprattutto nell’ambito del laicato, sta maturando alla luce del Concilio Vaticano II: progressivamente si è colta l’importanza della Bibbia e, anche grazie al ventennio del cardinale Martini, si è diffusa sempre più in Diocesi. Strettamente connessa alla Bibbia è anche la riflessione sulla fede, dunque una sete di teologia, sia pure nella modalità consentita dalla vita di un laico. I professori del Seminario hanno sdoganato la teologia che prima era riservata a seminaristi, religiosi e pochi laici; invece il nostro impegno in questi anni è stato quello di favorire la formazione permanente dei laici.

Non a caso tanti docenti delle Scuole di teolgia vengono appunto da Venegono…
Sì, la gran parte. La prima esperienza di cicli di insegnamento risale al 1997-98, ma già prima c’erano scuole di teologia per laici, penso in particolare a Monza, anche se era più legata all’attualità. Da allora comunque il Seminario si è preso a cuore la formazione base dei laici e ha pensato a un itinerario, fino ad arrivare alla formalizzazione di un quinquennio. Certo non corrisponde alla formazione seminaristica, perché le Scuole hanno solo 17 lezioni all’anno: tuttavia le tematiche di base vengono affrontate tutte.

Da un recente sondaggio di Eurisko emerge una grande confusione e ignoranza sui temi religiosi, nonostante la maggior parte degli intervistati dica di aver ricevuto un’educazione cattolica…
Parto dalla mia esperienza personale e dico che è molto diffuso il fatto che uno pensi di sapere già il necessario per essere un bravo cristiano. Poi vedo i laici che frequentano le scuole e fin dal primo anno, quello biblico, vengono toccati i nervi scoperti della loro fede. Una delle domande che affiora ben presto è quella del rapporto tra la bontà incondizionata di Dio e la sofferenza o la morte… quindi tematiche forti. Quando si affrontano questi aspetti della vita affiorano una serie di domande che erano rimaste sotto la superficie e non trovavano risposte. È una situazione di analfabetismo cristiano di ritorno. Si va dal pensare di sapere già tutto al sentirsi bisognosi di sapere perché scoperti su tanti ambiti, che sono poi uelli centrali della vita. Allora ci si rimette in questione e nasce la voglia di proseguire il cammino, anche se – devo ammettere – il primo anno è quello che attira di più, perché la Bibbia si conosce, si ascolta nella liturgia, è ricca di simboli, di immagini e analogie con l’umano… Nel secondo anno, che è filosofico, c’è un piccolo calo, ma resta comunque lo “zoccolo duro” che termina il quinquennio.

Chi sono allora i partecipanti alle Scuole di teologia?
Sono laici adulti, uomini e donne, ma con belle eccezioni. A Luino due anni fa c’era un ragazzo che studiava per la maturità e frequentava i corsi. L’età media degli iscritti è intorno ai 55-60 anni, poi ci sono anche i 30-40enni. L’afflusso degli anziani, invece, dipende da certe condizioni: il numero aumenta nelle zone in cui l’uscita serale è più tranquilla, mentre dove ci sono problemi di comunicazioni stradali o nei luoghi più disagiati e di confine, gli iscritti diminuiscono. Quando finisce il quinquennio c’è subito una nuova richiesta di Scuola da parte degli operatori pastorali che compongono l’équipe di laici divenuti nel tempo gli organizzatori.

E la loro domanda è accolta?
Di solito il Seminario ripropone ciclicamente la Scuola, magari spostandosi in un’altra città della Zona pastorale, altrimenti suggerisce un percorso annuale di approfondimento contattando direttamente i docenti ancora disponibili. Così per esempio Abbiategrasso ha iniziato un percorso biblico sui profeti, Gazzada ha proposto un itinerario di teologia spirituale e Lecco, dove si erano già tenuti due cicli quinquennali, ha organizzato un anno biblico perché il bacino di utenza chiedeva ancora la Scuola.

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