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Prove di futuro CINQUE FRONTIERE DA VARCARE

5 Giugno 2008

Cosa bolle nella pentola degli oratori, ambrosiani e lombardi? Quali sono le sfide che le nostre comunità si trovano ad affrontare per rinnovare il proprio volto? È il punto di partenza del progetto “Oratorio oggi e domani”, che in una prima indagine conoscitiva ha evidenziato alcuni ambiti privilegiati di riflessione e di azione.

di Stefania Cecchetti

Quali sono le nuove frontiere dell’oratorio oggi? Ne abbiamo parlato con don Massimiliano Sabbadini, direttore della Fom: «Gli oratori hanno qualcosa di nuovo e antico al tempo stesso: la passione educativa, immutata nel tempo e connaturata alla comunità stessa, Chiesa che educa i suoi figli e che lo fa in ragione del Battesimo, dono di Dio. Questo poi si traduce in modi, spazi e risorse diverse».

Data questa premessa imprescindibile, don Sabbadini elenca le principali sfide che gli oratori si trovano ad affrontare oggi . Si tratta delle cinque “frontiere” emerse da una indagine conoscitiva che ha interessato gli oratori lombardi nel 2003, dalla quale è nato il progetto “Oratorio oggi e domani”: «Il primo ambito è quello della “regia educativa”. È impensabile che la cura dell’oratorio faccia capo, come avveniva spesso in passato, al solo sacerdote. È importante che le linee guida e i progetti nascano dalla collaborazione dei tanti soggetti impegnati in oratorio: educatori, catechisti, responsabili a vario titolo»

Secondo ambito-sfida, la presenza dei genitori: «Il rapporto con in genitori è connaturato all’oratorio, ma va sempre meglio articolato, anche alla luce delle indicazioni dell’arcivescovo nel Percorso pastorale per il prossimo triennio, dedicato alla famiglia. Bisogna capire come stabilire un dialogo vero con i genitori. Il rischio è quello che si finisca per essere solo delegati, un pericolo che a volte è favorito dall’oratorio stesso…».

La terza sfida per gli oratori di domani è rappresentata dagli adolescenti, una delle fasce di età più significative, come spiega ancora don Sabbadini: «Innanzi tutto perché l’adolescente è già un “punto di arrivo” del cammino oratoriano. Poi perché si prepara al vero compimento del suo percorso, diventare giovane che lascia l’oratorio per seguire la sua vocazione. Non bisogna lamentarsi perché ci sono pochi giovani adulti all’oratorio! Infine gli adolescenti sono una bella risorsa, basti pensare ai Grest estivi, nei quali sono impegnati quasi 100 mila ragazzi a livello lombardo. Tra l’altro stiamo collaborando a un ricerca dell’Università Cattolica proprio sulla figura degli animatori di oratorio feriale. Abbiamo ricevuto dei questionari che saranno restituiti entro l’estate prossima».

Poi c’è il territorio: «L’oratorio – dice don Sabbadini – è sempre meno un recinto dorato, e’ parte attiva, e sempre più lo deve diventare, della rete educativa sul territorio. In questo c’è da crescere ancora: non sempre i nostri operatori sono in grado di dialogare con associazioni, istituzioni, scuole, soprattutto nella grande città. Da questo punto di vista dico che ci vorrebbe l’apporto di un po’ di professionalità, proprio come avviene per i consiglieri economici del parroco. Sarebbe bello se qualche volta un educatore professionale desse una mano nella stesura di progetti: per dialogare con gli altri bisogna avere metodo e linguaggio».

Ecco perché quello della comunicazione è stato segnalato come l’ultimo, decisivo, ambito di sfida per gli oratori: «Come in tutte le realtà umane aggregate – sottolinea don Sabbadini -, anche per le nostre parrocchie è fondamentale la qualità della comunicazione interna, tra le persone e i gruppi, anche nei momenti informali: al bar, se si guarda la tv insieme, nelle diverse attività espressive e comunicative come la musica e il teatro. Senza tralasciare anche la comunicazione esterna. Giovanni Paolo II diceva che l’oratorio è un ponte tra Chiesa e strada. Ma i ponti si gettano soprattutto comunicando».