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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Formazione

Professione sacrista al servizio della Chiesa

Al via un corso sulle tematiche specifiche di questo ministero, rivolto sia a chi lo svolge a tempo pieno, sia ai volontari. Ne sottolinea l’importanza don Giuseppe Grisa, assistente ecclesiastico dell’Unione sacristi diocesana, mentre Stefano Teneggi, sacrista del Duomo, porta la sua testimonianza

di Annamaria BRACCINI

8 Maggio 2017
Don Giuseppe Grisa

Una famiglia, due figli, un lavoro che è anche «un ministero, ma soprattutto una passione e un impegno scelto e cresciuto negli anni». Stefano Teneggi, 42 anni, milanese, destinato per i suoi studi a fare il geometra, racconta così il lavoro che svolge da 16 anni. E lo fa nella sacristia del Duomo, non perché sia un tecnico della Cattedrale, ma perché è un sacrista. «Diciamo che il mio può essere un punto “alto” nella nostra professione: sono un ostiario del Duomo di Milano e un accolito. Tutto questo, l’unico lavoro che svolgo, chiede dedizione alla Chiesa, una certa vocazione, anche sacrificio, soprattutto per chi di noi ha famiglia».

Ma com’è la domenica-tipo di un sacrista tra le navate della Cattedrale? Inizia presto, alle 6.20 della mattina, con la pulizia delle candele, come in tutte le chiese. «Ci sono le prime due Eucaristie, poi arriva il Capitolo metropolitano per la celebrazione delle Lodi e della Messa solenne cantata in lingua latina, in cui gli ostiari prestano servizio di assistenza al cerimoniere, guidando i chierici. Questo avviene anche nei Pontificali e nelle grandi celebrazioni, dove alcuni movimenti dei chierici o dei sacerdoti competono appunto agli ostiari», spiega Teneggi, che a frequentare le sacristie ha iniziato da ragazzo nella sua parrocchia di origine, facendo il chierichetto e il cerimoniere. Poi, nel tempo, l’interesse è cresciuto e, così, è arrivata la competenza nella liturgia e per vari aspetti del lavoro, studiati giorno dopo giorno. «È importante sapere, per esempio, quale stoffa dei paramenti è più pregiata e come riporla senza rovinarla. Questo è anche lo scopo per cui l’Unione sacristi della nostra Diocesi – e speriamo sia d’esempio anche per le altre Unioni riunite nella Federazione nazionale (Fiudac/s) -, organizza il corso di formazione che inizierà il 18 maggio su tematiche tipiche del nostro lavoro: la conoscenza dell’anno liturgico, dei libri liturgici collegati ai vari tempi, la scelta dei testi corretti, la conoscenza dei tessuti e la conservazione dei libri».

D’accordo sulla necessità di una formazione puntuale è don Giuseppe Grisa, da due anni assistente ecclesiastico dell’Unione sacristi della Diocesi e responsabile della Comunità pastorale Maria Regina degli Apostoli di Varedo: «Bisogna sfatare qualche vulgata. Quello del sacrista è un ministero che vuole raggiungere sempre maggiore professionalità. Si vuole che il sacrestano sia competente nell’aspetto tecnico, ma anche nella formazione liturgica. È una competenza necessaria per seguire le celebrazioni anche come cerimonieri aiutando, se occorre, il sacerdote che – specie in considerazione della diminuzione del nostro numero – può ricevere grande aiuto da un sacrista adeguatamente preparato». Quali sono i compiti specifici del sacrista? «Curare le celebrazioni, la sacrestia nell’aspetto del materiale: le vesti, le cotte da tenere in ordine; e, poi, la cura del vino per la Messa, le ostie… Ma, chiaramente, bisogna avere competenze liturgiche nel formare i lettori, spiegare per esempio perché ci sono determinate letture…». È questo lo scopo dei quattro incontri in cui si articola il corso di formazione del 2017. «Viene proposto per chi fa il sacrista a tempo pieno – spiega don Grisa -, ma anche per quanti sono volontari e che, comunque, devono acquisire alcune conoscenze di base. Nella nostra Diocesi, i sacrestani frequentano giornate di spiritualità e di formazione in Avvento, soprattutto nella festa di San Satiro (il fratello di Sant’Ambrogio, patrono dei sacristi, che si occupava della sua casa e della chiesa) e, ogni anno, partecipano a un corso di esercizi spirituali in Quaresima. Tengo a sottolineare l’importanza delle conoscenze specifiche, ma anche della spiritualità: se i sacristi sono vicini all’altare, è importante che abbiano una formazione spirituale e personale».

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