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Liturgia e catechesi

Per una mistagogia dei santi segni

Ogni azione ha la caratteristica di essere un atto comunicativo della grazia che santifica e un atto di culto che rende gloria a Dio

di Claudio MAGNOLI Responsabile Servizio per la Pastorale liturgica

7 Gennaio 2013

La liturgia opera «mediante segni sensibili» o – secondo un’altra espressione conciliare – «per mezzo di riti e preghiere», grazie ai quali il mistero di Dio si comunica all’uomo e l’uomo sperimenta una vera e profonda comunione con Dio. L’efficacia salvifica dei «santi segni» dipende dal fatto che in essi e per mezzo di essi agisce il Padre, per mezzo di Gesù Cristo e in forza dello Spirito Santo. La Santissima Trinità, continuando l’opera di immensa pietà che si è manifestata nel mistero dell’incarnazione e nel mistero della pasqua di Gesù, proprio mediante i riti e le preghiere dell’azione liturgica associa a sé la Chiesa per renderla partecipe del ministero sacerdotale del Cristo e del suo immenso potere di grazia e di redenzione.

Da queste semplici premesse, appare del tutto evidente come l’assemblea liturgica non possa essere considerata un gruppo di catechesi e il luogo della celebrazione un’aula di catechismo. Ogni azione liturgica mantiene infatti la sua singolare caratteristica di essere un atto comunicativo della grazia che santifica e un atto di culto che rende gloria a Dio.

Ciononostante (o proprio per questo), la liturgia è anche una straordinaria risorsa educativa per la fede, perché – come dice la costituzione conciliare sulla sacra liturgia – «contiene… una ricca istruzione per il popolo fedele». Attraverso «i segni visibili, di cui la sacra liturgia si serve per significare le realtà divine invisibili», ogni comunità cristiana (e ogni singolo battezzato) viene messo a parte dei segreti di Dio, cresce nell’intelligenza della sua fede, matura nell’adesione amorosa del suo animo, si fortifica nella volontà di compiere il bene. C’è dunque una stretta necessità per la fede di penetrare il mistero santo dei riti liturgici e delle preghiere.

La prima via di accesso alla loro realtà è l’atto celebrativo stesso. I santi segni non si spiegano, ma si vivono, e più la loro messa in opera ha il rispetto e la cura che si hanno per le opere d’arte e più il loro più intimo segreto viene partecipato. Attraverso la parola ben proclamata, le orazioni, i canti, le monizioni e i gesti rituali ben eseguiti, e i luoghi della celebrazione ben predisposti, la liturgia non solo santifica i fedeli, trasformandoli in comunità che rende culto a Dio in spirito e verità, ma ne educa e forma la fede. L’arte del ben celebrare ha però bisogno di un’insistita catechesi mistagogica, che apra la mente e il cuore dei fedeli al dono di grazia e di vita racchiuso nei riti e nelle preghiere. Non si tratta di spiegare i santi segni, ma di scoprirne il radicamento biblico e patristico, la loro intima portata teologica e spirituale, la loro forza simbolica e la loro risonanza emotiva. Pensando specificamente ai ragazzi – ma la cosa resta valida per ogni età – sono almeno quattro i percorsi da attivare: la riscoperta delle parole chiave della preghiera liturgica come amen, alleluia, osanna, kyrie eleison, ecc…; la rivisitazione degli spazi celebrativi e dei luoghi della devozione all’interno dell’aula liturgica; la riappropriazione dei gesti rituali con cui il corpo prende parte all’azione sacramentale; l’approfondimento dei principali simboli liturgici, quali l’acqua, l’olio, il pane e il vino, la luce, il silenzio, i colori, gli abiti, eccetera. Questi percorsi non sostituiscono la catechesi ordinaria, ma la affiancano e, implicandola, la completano.