«Una città, molte anime. Luci e ombre in una metropoli che cambia»: questo il suggestivo titolo della tradizionale Tre giorni riservata a parroci e vicari di Milano (esclusi i preti che si occupano di pastorale giovanile), in programma a Villa Sacro Cuore di Triuggio dal 24 al 27 gennaio. «Il nostro desiderio – spiega il Vicario episcopale di Milano monsignor Carlo Faccendini – non è trovare ricette per la pastorale o soluzioni a certi problemi, ma aiutarci a sostenere una riflessione, uno sguardo, un pensiero, un confronto ad ampio raggio». Di solito alla Tre giorni partecipano più di un centinaio di parroci e monsignor Faccendini chiede a tutti la residenzialità per condividere l’intera proposta e non limitarsi ad ascoltare le relazioni e il dibattito: «È anche un’occasione bella di amicizia, di preghiera comune, di confronto e di sano cameratismo per chi è stato insieme in Seminario per alcuni anni».
Come affronterete il tema?
Quest’anno abbiamo scelto di riflettere sulla realtà della nostra città che, come dice il titolo, è una, ma presenta molte anime. Potremmo anche dire: «Una città, molte città», perché oggi è difficile definire Milano. Negli ultimi mesi del 2015 ha avuto uno straordinario “balcone” grazie a Expo: la gente è venuta, l’ha trovata bella, accogliente, ha potuto apprezzarla e conoscerla. Ma noi che la viviamo facciamo fatica a definirla in maniera netta, perché c’è un centro, una fascia attorno e ci sono le periferie, e girando ho notato che tra loro sono molto diverse. Vorremmo quindi capire la realtà misteriosa della nostra città.
Per questo vi siete affidati a un sociologo?
Sì, esatto. Al professor Mauro Magatti abbiamo chiesto di provare a descrivere la poliedricità della città. Non tanto per comprendere, catalogare e ridurre, ma per intuire strade, percepire cambiamenti in atto e provare anche a scorgere i movimenti sommersi del vivere comune. Insomma, provare a indagare il mistero di questa città, senza avere la pretesa di una sintesi».
E come continuerà il confronto?
A monsignor Pierantonio Tremolada abbiamo chiesto una riflessione biblica sulle città dell’Apocalisse tra Babilonia e Gerusalemme. Anche qui non miriamo tanto a un’opposizione ideologica, con tutto il male da una parte e tutto il bene dall’altra, tutto il male nel mondo, tutto il bene nella città di Dio, nella realtà della Chiesa. Vorremmo fare una lettura critica sul male che c’è nella città, ma cogliere semi di speranza anche nelle dinamiche che a volte presentano aspetti problematici.
Avete coinvolto anche un giornalista…
Ho invitato Alessandro Zaccuri, che ha scritto Città (edito da In Dialogo, ndr) e gli ho chiesto di aiutarci nel cammino per scorgere un futuro della nostra città. Lui dice che oggi in città occorre costruire muri per garantire ai cittadini la sicurezza, ma senza creare barriere, dividere, separare. Zaccuri spiega che queste mura devono lasciare respirare la città e comunque non bisogna dimenticare le chiavi.
Milano è anche una città multireligiosa. Un aspetto da non sottovalutare…
Certo. Per questo al teologo e pastore valdese Paolo Ricca, già molto conosciuto dai parroci, ho chiesto di aiutarci a leggere la realtà delle differenti esperienze religiose, che a Milano sono un dato di fatto. Vogliamo riuscire a comprenderle come ricchezza e riuscire a dialogare, perché è un compito ormai molto urgente.
E la conclusione?
L’ultima relazione l’abbiamo chiesta a un Pastore, monsignor Diego Coletti, Vescovo di Como. Se questa è la città di Milano, con le sue luci e le sue ombre, le sue anime diverse, come si può declinare un lavoro pastorale? Al relatore abbiamo suggerito alcune categorie di papa Francesco: il tempo è superiore allo spazio, l’unità prevale sul conflitto, la realtà è più importante dell’idea, il tutto è superiore alla parte. Nell’Evangelii gaudium il Papa è tornato su queste categorie, che ci sembrano decisive per strutturare un lavoro pastorale, soprattutto in una città complessa come la nostra.