Franco Bomprezzi, caporedattore dell’agenzia giornalistica Agr, costretto su una carrozzina da una malattia genetica, è convinto che il web sia un’arma a doppio taglio: ottima opportunità di “accesso al mondo” per le persone disabili, a patto che sia pensato anche per chi ha difficoltà visive e di comprensione logica; altrimenti, solo un ulteriore strumento di esclusione.
di Stefania Cecchetti
In un’epoca in cui le barriere architettoniche non sono state ancora abbattute, è significativo parlare di “accessibilità web” (tema della Giornata internazionale della persona disabile, che si celebra il 3 dicembre)? O si tratta solo della ciliegina su una torta che non c’è ancora?
Secondo Franco Bomprezzi, caporedattore dell’agenzia Agr, costretto su una carrozzina da una malattia genetica rara, non ci sono solo le barriere architettoniche, ma anche quelle culturali: «È il tempo la barriera architettonica del terzo millennio. Forse in qualche modo stiamo superando gli ostacoli fisici, anche se molto resta da fare, anzi troppo. Ma la mobilità conquistata in lunghi anni di battaglie estenuanti, paradossalmente, ha portato migliaia di persone con disabilità fisica, sensoriale o intellettiva, a uscire di casa, ad affrontare le incognite del mondo, ad accettare la sfida degli “altri”, di tutti coloro che vivono in una competizione permanente, il cui inizio è all’alba e la cui conclusione è a tarda sera».
Un sfida non sempre facile da vincere: «Io sono in un certo senso fortunato – prosegue Bomprezzi -: mi muovo da solo sulla mia carrozzina, non ho bisogno di assistenti, volontari, obiettori. La mia disabilità non è tale da impedirmi una buona autosufficienza. E soprattutto faccio un lavoro particolare: sono giornalista, quindi non ho l’obbligo di timbrare il cartellino, posso lavorare da casa, dalla mia scrivania collegata con il mondo grazie a un pc, a un modem, a una linea telefonica ad alta velocità. Nella mia professione non ho barriere, sono uguale a qualsiasi altro collega, tanto più in un’epoca in cui il giornalismo è soprattutto “seduto”. Forse è una magra consolazione, ma qualche anno fa ci si doveva muovere molto di più per raccogliere le notizie».
Ma non tutti sono “fortunati” come Bomprezzi. Ci sono persone per cui il problema non è solo l’ascensore rotto o le scale troppo strette (e già ce ne sarebbe abbastanza). Persone che nemmeno dalla propria scrivania possono avere accesso al mondo: «Per le persone disabili con difficoltà visive e di comprensione logica – spiega Bomprezzi -, la rete diventa un luogo di ulteriore discriminazione, quando potrebbe essere invece uno strumento di assoluta parità. E di liberazione: perché il web è un mezzo di diffusione della conoscenza e quindi anche di consapevolezza dei propri diritti. Coloro che sono messi in condizione di sapere, saranno anche più esigenti nel rivendicare i propri diritti».
Senza contare che il problema della accessibilità a Internet riguarda un po’ tutti: «Nella progettazione web, esattamente come in quella architettonica, l’estetica prevale sulla funzionalità, e questo è un male per tutti. Un sito bellissimo, pieno di effetti speciali e magari proprio per questo difficile da navigare, restringe la platea e quindi non raggiunge il suo scopo. Escludendo non solo le persone disabili, ma anche altre categorie “deboli”, per esempio gli anziani».