Sirio 26-29 marzo 2024
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Parla la Kostner, vessillifera azzurra all’inaugurazione IL TRICOLORE DI CAROLINA: «UN GRANDE ONORE»

5 Giugno 2008

Emozioni e sensazioni della diciannovenne altoatesina campionessa di pattinaggio artistico, disciplina che, incoraggiata dalla famiglia, pratica da quando era bambina: «La bandiera? Pesantissima… Per le Olimpiadi mi sono allenata molto. Ballerò sulle musiche di Morricone
e Vivaldi e indosserò costumi studiati per me dallo stilista Roberto Cavalli, che poi metterò all’asta
in beneficenza. Il sogno? Vincere l’oro… Ma soprattutto continuare a gareggiare divertendomi»

di Sarah Tavella

L’abbiamo vista sfilare in mondovisione come portabandiera per l’Italia, durante l’apertura delle Olimpiadi. Due giorni prima della cerimonia Carolina Kostner, promessa del pattinaggio artistico, ha festeggiato i suoi diciannove anni.

Nata a Bolzano e residente in Germania, a tredici anni ha iniziato a gareggiare a livello internazionale. La prima vittoria importante è arrivata a Oberstdorf nel 2002, all’esordio nella categoria senior. Nel 2003 si è aggiudicata la medaglia di bronzo ai Mondiali junior di Ostrava e un altro bronzo l’ha conquistato l’anno scorso ai Mondiali di Mosca, risultato che l’Italia inseguiva da ventisette anni.

Cosa ha provato nel portare la bandiera alla cerimonia d’inaugurazione?
Tanta emozione. Essere stata scelta dal Coni a rappresentare l’Italia e gli atleti azzurri è stato per me un grande onore.

Il testimone gliel’ha passato sua cugina Isolde, che fu portabandiera alle Olimpiadi di Salt Lake City nel 2002: un’eredità di famiglia…
Sembrerebbe proprio di sì. Appena saputa la notizia Isolde mi aveva consigliato di allenarmi tanto e di mangiare un po’ di più, perché la bandiera è pesantissima. Non aveva torto.

Come ha iniziato a praticare il pattinaggio artistico?
Anche questa è un’eredità di famiglia. Mamma da ragazza pattinava e allenava le giovanissime dell’Ice Club Gardena: le aveva insegnato la nonna. Papà è stato tra i più grandi difensori dell’hockey italiano: oggi è responsabile tecnico della Nazionale under 18 e allenatore delle giovanili dell’Ambrì Piotta in Svizzera. È stato proprio lui, di ritorno dai Mondiali in Finlandia, a portarmi un vestitino da pattinaggio. Avevo quattro anni. Da allora non mi sono più fermata.

La sua giornata è scandita da allenamenti e studio…
Mi divido tra le lezioni in classe e le prove in pista. Da quattro anni vivo nel collegio di Oberstdorf, in Germania, dove frequento il quarto anno del liceo linguistico. Al mattino vado a scuola e al pomeriggio al centro di preparazione olimpica, dove sono seguita dall’allenatore tedesco Michael Huth. Studio nei ritagli di tempo.

Cura l’alimentazione?
Cerco di non abbuffarmi di dolci, ma in generale mangio un po’ di tutto. Il mio piatto preferito è la pasta. In Germania non la sanno fare, così me la porto da casa e la cucino in collegio.

Si è allenata molto per le Olimpiadi?
Come sempre. Gareggerò il 21 e il 23 febbraio, ballando sulle musiche di Ennio Morricone e di Vivaldi: adoro la musica classica. Per i Giochi lo stilista Roberto Cavalli, per la prima volta nell’ambito sportivo, ha creato per me abiti di gara studiati sulle note e sulle coreografie che presenterò. Dopo le Olimpiadi li metterò all’asta e il ricavato lo devolverò a “Un sogno per il Gaslini”, il progetto di cui sono testimonial insieme a tutti gli atleti olimpici e paraolimpici: i fondi servono a realizzare una struttura d’accoglienza adiacente all’ospedale per i piccoli pazienti in convalescenza.

Qual è il sogno che desidererebbe realizzare?
Vincere l’oro alle Olimpiadi, magari già in questa occasione, proprio davanti al pubblico di casa. Mia cugina Isolde aveva la mia età quando ha vinto due medaglie di bronzo in discesa libera e superG a Lillehammer nel ’94: potrebbe essere di buon auspicio… Ma se non riuscissi a salire sul podio in queste Olimpiadi, mi preparerei per i prossimi impegni. So di essere ancora giovane e di avere altre opportunità. La cosa che davvero desidero è arrivare alla fine della mia carriera senza rimpianti, sapendo di aver sempre dato il massimo e soprattutto continuando a divertirmi.