«La mia prima conoscenza con don Angelo risale a quando ero seminarista nel Triennio Teologico e lui era vicerettore. Eravamo nel periodo 1977-’79 e ho la memoria di una persona molto solare, pronta, diretta nel rispondere alle nostre richieste e capace di accompagnare il cammino delle comunità». È nitido, anche se sono passati diversi decenni, il ricordo che monsignor Franco Gallivanone, attualmente vicario episcopale della Zona pastorale II-Varese, conserva di monsignor Angelo Brizzolari, scomparso all’età di 78 anni.
Una vita intera, pur in tanti e diversi ruoli, dedicata all’impegno sacerdotale ed educativo che rese “don Briz” – come molti lo chiamavano – particolarmente noto e amato, come sottolinea ancora monsignor Gallivanone.
Quale era il tratto peculiare del suo carattere?
Ciò che ho sempre potuto apprezzare in lui era la capacità educativa e anche l’intuizione molto rapida delle situazioni e delle persone, fortemente radicate nella sua cultura spirituale – vorrei dire tipicamente civatese – coltivata con semplicità e ritmi molto ordinati. La collaborazione con lui durata 4 anni, per me, è stata davvero molto bella. Io ero vicerettore e lui rettore a Saronno in un momento nel quale la comunità del Biennio teologico contava più di 100 persone, richiedendo, quindi, un lavoro molto assiduo, basti pensare che le stanze a disposizione non erano sufficienti. Poi, io ho continuato il mio cammino a Venegono, e lui il suo.
Avete avuto modo di sentirvi più recentemente?
Quando sono diventato Vicario episcopale di Varese, nel 2023, don Angelo mi ha telefonato, per dire la sua contentezza volendomi donare la sua ferula e la mitra necessarie per svolgere il Ministero del Vicario episcopale. Gli dissi che sarei andato presto a ritirarle, ma non feci in tempo perché, in un batter d’occhio, le ricevetti, ben confezionate, per posta prioritaria, attualmente, e ancora di più adesso, le conservo con devozione e amicizia. Fu un pensiero delicato che mi ricorda anche la mia grande vicinanza spirituale a don Angelo.
Un altro ricordo personale?
Ho potuto contare sulla sua saggezza, la sua ponderatezza, la sua capacità di vedere e leggere le situazioni anche le più complesse. Nel periodo della nostra collaborazione diretta ricordo i momenti con i docenti del Biennio, e, soprattutto, con i seminaristi, sempre vissuti con equilibrio, saggezza e grande capacità anche di stare al passo con loro e con i tempi.
C’è un’indicazione di don Angelo che può insegnare qualcosa anche ai seminaristi di oggi, dopo tanti anni?
Sì. La viva dedizione al Ministero, la capacità di osservare e mantenere i ritmi di preghiera. Era facile vederlo nei corridoi del seminario di Saronno con la corona del rosario in mano, incontrarlo in cappella al mattino e alla sera. I suoi tratti di fedeltà, di dedizione rimangono singolari e di grande insegnamento.
Lei è stato vicino a monsignor Brizzolari nei momenti della malattia?
In quei momenti vi è stata più che altro qualche telefonata, anche perché il male si è manifestato in modo abbastanza repentino. Comunque ho pensato e ho pregato molto, mi sono informato dal vicario episcopale di Zona III-Lecco, monsignor Ginni Cesena, che ci aggiornava puntualmente. L’ho accompagnato sempre con il pensiero orante.





