A 25 anni dalla morte, l’ex segretario di monsignor Romero, ha parlato del grande Vescovo salvadoregno. Se verrà proclamato beato sarà anche grazie all’allora cardinal Ratzinger.
Un vescovo che ha «denunciato le ingiustizie sociali verso i più poveri», ma che ha anche saputo fermare lo «strapotere» del calcio, sport preferito dai salvadoregni, costringendo il governo a «sospendere le partite domenicali, visto che la gente non andava più in cattedrale o ascoltava le sue omelie domenicali alla radio». È il ritratto di mons. Oscar Arnulfo Romero, vescovo di San Salvador, così come è stato tracciato da mons. Jesus Delgado, vicario generale dell’arcidiocesi citata e già segretario del vescovo ucciso il 24 marzo del 1980, proprio mentre celebrava l’Eucaristia.
«Nessun vescovo ha mai avuto il coraggio, prima di lui, di denunciare le ingiustizie sociali commesse dai ricchi contro i poveri», ha detto Delgado intervenendo questo pomeriggio al Congresso eucaristico nazionale, in corso a Bari fino al 29 maggio. «Il giorno della sua morte – ha proseguito il relatore – mentre celebrava la messa alle 18, durante l’omelia mons. Romero aveva detto: “Che questo corpo immolato e questo calice sacrificato possa alimentarci per dare anche il nostro corpo e il nostro sangue alla sofferenza e al dolore”».
Alle 18.20, da una macchina rossa, è partito un colpo di fucile che ha raggiunto il vescovo al cuore; mons. Romero è stato ucciso di lunedì, «il giorno dopo la domenica». «Si è aggrappato alla tovaglia dell’altare e poi è caduto rovesciandosi tutte le ostie sul corpo», ha ricordato mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo: «Aveva una paura enorme di morire, ma l’Eucaristia l’ha sostenuto».
«La beatificazione del vescovo Romero dovrà molto al papa Benedetto XVI, fin da quando era Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede», ha detto ancora Delgado. «Fu lui, infatti, a chiedere la stesura di una nuova biografia di Oscar Romero, più completa e approfondita». «All’inizio fui io stesso incaricato di promuovere la causa di beatificazione a Roma – racconta al Sir mons. Delgado -. Ma questo richiedeva di vivere a Roma e non mi era possibile per i tanti impegni nella diocesi». «Dopo cinque anni durante i quali i materiali venivano esaminati», ha detto Delgado, «fu chiesto al Prefetto della Congregazione della Fede di approfondire la dottrina di mons. Romero. Il cardinale Ratzinger assunse questa responsabilità e ci fu un serio lavoro per ben sette anni di esami (1997-2004). La conclusione è stata che la dottrina è sicuramente ortodossa e si può procedere nella causa. Quello che resta da provare è che si tratta di un vero martire perché ucciso in odio alla fede».
«Ancora oggi in Salvador – aggiunge -, la memoria di Romero è vivissima. La sua tomba è frequentatissima, anche da fuori Paese. E questo nonostante il perdurare di atteggiamenti ostili: se prima vi era una vera persecuzione militare, oggi è di altra natura e si rischia, se non la galera, la perdita del posto di lavoro».