Tra circa due mesi Benedetto XVI volerà in Libano (14-16 settembre) per un viaggio apostolico che lo vedrà promulgare l’Esortazione apostolica post-sinodale per il Medio Oriente, frutto dell’Assemblea speciale del Sinodo, svoltosi in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema “La Chiesa cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza – La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32).
Al termine dei lavori furono presentati i documenti conclusivi, il Messaggio al popolo di Dio e 44 Propositiones, concentrati, in particolare sulla presenza cristiana in Medio Oriente, la comunione ecclesiale e la testimonianza di fede, la questione palestinese, le realtà dell’Iraq e del Libano, con un appello «ai responsabili pubblici» e «alla comunità internazionale». Sui possibili contenuti dell’Esortazione post-sinodale, ecco l’analisi del vicario patriarcale caldeo di Baghdad, monsignor Shlemon Warduni, tra i partecipanti al Sinodo.
Alla luce delle Propositiones, quali sono, a suo avviso, i temi principali che verranno toccati nell’Esortazione?
Penso che l’Esortazione sarà un testo abbastanza ampio che prenderà in esame tutte le questioni cruciali del Medio Oriente, in particolare la pace, l’emigrazione, la libertà religiosa, la convivenza tra le varie Confessioni e le diverse religioni, la cittadinanza, viste nell’ottica del bene di tutti i cittadini del Medio Oriente, una regione segnata da continue crisi e conflitti.
Un’Esortazione, quindi, che potrebbe rivolgersi non solo alle Chiese del Medio Oriente ma anche ai cittadini di questa area martoriata?
Tutti i cittadini mediorientali desiderano vivere nella stabilità, nella sicurezza, nel diritto e nella libertà, in una parola vogliono la pace. Le religioni possono fare molto per costruire la pace nella regione, ma non devono essere strumentalizzate a fini politici, non devono essere motivo di violenza e di divisione. Le religioni sono per il bene dell’uomo, per permettere la convivenza naturale.
Purtroppo le religioni sono anche una delle cause di violenze e di abusi e a farne le spese sono soprattutto le minoranze cristiane mediorientali che emigrano…
Dio ha creato l’uomo per amore e tutte le fedi vogliono glorificare Dio compiendo il bene e il bello. Ogni atto che esce da questa sfera non appartiene alla religione, non proviene da Dio. La violenza religiosa appartiene all’odio e al rancore e non a Dio che semina solo amore, pace e riconciliazione. L’emigrazione non è altro che la conseguenza di atti sbagliati dell’uomo contro suo fratello, spinto a cercare altrove libertà, pace, diritto. Tutto ciò che è contro l’uomo è rigettato dalla Chiesa. L’Esortazione chiederà l’amore tra gli uomini, non fa differenza se cristiani, musulmani, ebrei, poiché tutti siamo figli di Dio.
Prima parlava di “cittadini”: quello della piena cittadinanza, spesso non goduta dai cristiani mediorientali, è stato un tema affrontato nel Sinodo che è riapparso qualche mese dopo, nelle manifestazioni di piazza della “primavera araba”, come rivendicazione di pieni diritti e libertà civili. Pensa che troverà spazio nell’Esortazione?
La tessera dell’uomo mediorientale non è la religione, ma la cittadinanza. La religione viene dopo la cittadinanza, ma deve essere il motore dell’unità tra gli uomini e della libertà.
C’è un messaggio che più di altri si attende da questa Esortazione, magari rivolto direttamente alle Chiese locali?
L’Esortazione avrà un peso importante per tutto il Medio Oriente. Per le nostre Chiese mi aspetto un richiamo all’unità. Se vogliamo il bene dei cristiani dobbiamo unirci, almeno nei pensieri, per servire i nostri fedeli, per aiutarli a restare nelle loro terre. Il rischio che corriamo è che questa terra, che ha dato tanti apostoli, discepoli, santi e martiri, si svuoti dei cristiani, i suoi veri cittadini. Con le Chiese sorelle dobbiamo unirci, sacrificarci e allontanare l’egoismo che esiste in ognuno di noi. Risuona forte e attuale il tema del Sinodo, “comunione e testimonianza”. La Chiesa di oggi deve tornare alle origini, a come vivevano i primi cristiani che si amavano gli uni gli altri mettendo in comune i loro beni.