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Media & minori IL NUOVO CHE AVANZA

9 Ottobre 2007

I casi presi in esame, che qui proponiamo, sono stati proiettati in occasione dell’evento “Ragazzi che tivù”, forum internazionale sulla televisione di qualità promosso dal Corecom Lombardia lo scorso mese di dicembre. La presentazione consiste nella sottolineatura di alcune loro caratteristiche comuni e di altre peculiari e infine nell’esposizione delle motivazioni che hanno spinto i responsabili delle emittenti a produrre tali trasmissioni.

di Filippo Magni

DEKSELS (FETTA DI TORTA)
RETE KRO, OLANDA

LA TRAMA. La trasmissione è semplicissima: due bambini di 4 e 5 anni si cimentano in cucina nella preparazione dei loro alimenti preferiti. Nello spezzone proposto, due fratelli “cucinano” il burro di arachidi. La scena è molto familiare, non ci sono scenografie e la cucina potrebbe essere quella di qualunque casa europea. Ciò che maggiormente spicca è la totale assenza, in scena, degli adulti: i due bimbi si danno da fare nell’apertura (con forbici affilate) del sacchetto di arachidi, le sbucciano, le frullano, versano il composto in barattoli e preparano un tramezzino da soli, senza interventi esterni. I due piccoli cuochi, nei pochi minuti in cui sono ripresi, sono liberi di comportarsi come preferiscono senza che nessuno, apparentemente, dica loro cosa fare. (GUARDA IL VIDEO)

IL COMMENTO. Il perché dell’assenza degli adulti è ben illustrato da Jan Willem Bult, direttore creativo della sezione giovani di Kro, rete pubblica olandese: «Per tutto il giorno i ragazzini sentono un genitore, un maestro, un parente, un adulto che cerca di insegnargli qualcosa. Noi di Kro abbiamo cercato di fare in modo che fossero i ragazzi stessi a insegnare ai coetanei e in qualche modo anche agli adulti. Quando un bambino parla a un bambino della sua stessa età, la comunicazione è più efficace e l’insegnamento più diretto».

SCARY SLEEPOVER (NOTTE DA BRIVIDO)
RETE CITV, REGNO UNITO
– LA TRAMA. Tre bambini di 8, 9 e 10 anni chiusi per tutta la notte da soli in una casa degli orrori popolata da fantasmi, scricchiolii sinistri, ragnatele e tutto quanto può terrorizzare un bambino. Se resistono fino al mattino senza scappare, vincono un premio; se anche uno solo, impaurito, chiede di uscire premendo il tasto rosso dell’emergenza, perdono tutti e tre. È Scary sleepover, un programma tv per bambini ideato e prodotto dalla rete commerciale inglese Itv e che ha ottenuto in tutto il Regno Unito un enorme successo, accompagnato da cori di critiche data la natura della trasmissione.

Si tratta del reality game e anche qui spicca l’assenza degli adulti: i ragazzini (che non si conoscono tra loro) sono lasciati soli, si fanno forza l’un l’altro nei momenti di maggior tensione e sono uniti dall’obiettivo di resistere fino alla mattina senza farsi vincere dalla paura. Una sorta di “Grande fratello” del terrore, dove non mancano pianti, delusioni, gioie, momenti di allegria e di sconforto, tutto davanti all’occhio della telecamera. Emergono i caratteri più coraggiosi, che si propongono come leader del gruppetto, e i meno pronti a un’esperienza del genere, pietrificati dalla paura e dal desiderio che il tempo passi il più in fretta possibile.

IL COMMENTO. Un gioco divertente secondo alcuni critici, emozioni forti in vetrina per altri; Anne Brogan, tra gli ideatori del programma, non ha dubbi: «I protagonisti del gioco non sono mai in pericolo né fisico né psicologico: in Inghilterra molte associazioni hanno criticato Scary sleepover, ma figli e genitori hanno espresso solo apprezzamenti per lo show. Le indagini di mercato dimostrano che ai bambini piacciono tre cose in tv: i reality show, essere spaventati e vincere premi. Noi di Itv abbiamo fuso questi elementi e abbiamo creato il programma, dando ai concorrenti due sole regole: necessario il gioco di squadra ed evitare le parolacce. Perché i bambini vogliono provare paura? Perché vogliono spingersi molto più in là di quanto pensiamo, vivere situazioni difficili per convincersi che anche in futuro, nella realtà, sapranno affrontare momenti altrettanto duri».