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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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IV domenica di Avvento

Maria sia esempio
nell’abbandono fiducioso a Dio

Presiedendo in Duomo la Celebrazione votiva della Solennità dell’Immacolata Concezione, il cardinale Scola ha indicato, attraverso la figura materna di Maria, la necessità di un sì generoso e libero al Signore

di Annamaria BRACCINI

27 Novembre 2013

Guardare a Maria, contemplando il mistero della sua Immacolata Concezione, consapevoli che in Lei “avvocata di Grazia”, è l’esempio di un’accoglienza amorosa e obbediente.

Maria, “la porta attraverso la quale il Messia è venuto”, la “piccola del Regno dei cieli”, la cui festa si inserisce «armonicamente, nei sei decisi passi che l’Avvento ambrosiano, tempo mariano per eccellenza, ci fa compiere».

Nella IV domenica di Avvento, migliaia di fedeli giungono in Duomo per la Celebrazione eucaristica presieduta, come sempre, dal cardinale Scola. Ci sono moltissimi aderenti all’Opus Dei, che concludono così la loro Novena vissuta in Cattedrale nei giorni precedenti e le “Cellule di Evangelizzazione”, con i loro responsabili ecclesiastici, don Matteo Fabbri, vicario della Prelatura per l’Italia e monsignor Piegiorgio Perini. Molti i sacerdoti concelebranti

Il primo pensiero dell’Arcivescovo va, naturalmente, al grande mistero dell’Immacolata Concezione. «Fin dall’origine, nella sua sapienza abissale, il Padre ha scelto questa fanciulla d’Israele a portare nel suo grembo il Figlio suo, Dio da Dio, Dio vero da Dio vero, incarnatosi per la salvezza di tutti noi».

Un “Mistero della maternità” che, se fosse ben compreso – nota – ci permetterebbe anche oggi di affrontare in modo diverso il rapporto uomo-donna, la generazione e l’educazione dei figli, appunto riflettendo come il sì generoso e libero della Madre del Signore possa essere di guida per tutti noi. Laddove, infatti, la maternità di Eva – spiega il Cardinale a partire dalle Letture – «fu segnata dalla ribellione a Dio, la maternità di Maria incominciò nel segno del sì a Lui. Con il suo sì, l’Immacolata riconosce la strada del proprio compimento».

Ed è proprio questo sì «pronunciato con consapevolezza critica come ci testimonia il Vangelo di Luca» che rende possibile la nostra generazione, secondo un disegno di amore del Padre che ci accompagna ad uno ad uno fin “da prima della creazione del mondo”, come scrive Paolo nell’Epistola.

Da qui, la responsabilità grave che non può che diventare anche un’alternativa: «Affermare, narcisisticamente la nostra immagine e idea del futuro che ci attende o abbandonarci, passo dopo passo, come Maria, al disegno buono di Colui che viene».

Pur non conoscendo il futuro, sappiano, infatti, di essere tra le braccia di un Padre buono e questo “abbandono”, secondo l’atteggiamento di attesa perseverante e vigile cui ci sprona l’Avvento, è dunque, ciò che fa camminare fiduciosi, ognuno con i propri carismi, «verso una riuscita che non nasconde nulla», perché il disegno di amore del Padre, se la nostra libertà non lo rifiuta, è infallibile. Se il nostro cambiamento è un miracolo, perché non sta solo nelle forze umane, tale miracolo è, tuttavia, sempre possibile e rende viva la speranza: quella speranza di Dio che nel grembo di Maria – come ha detto papa Francesco all’Angelus del 1 dicembre – «ha preso carne, si è fatta uomo, si è fatta storia».

E, alla fine, dopo un ringraziamento «di cuore a voi tutti» – sono presenti anche l’Associazione Atos, con gli operatori sanitari e i volontari e molti fedeli provenienti da Lecco – il Cardinale conclude: «In attesa dell’avvento definitivo del Signore, nell’avvento nascosto e intermedio, come lo chiama san Bernardo, continuiamo questo nostro cammino nel quotidiano con le preghiere del mattino e della sera, attraverso l’assistenza del bisogno che è tanto intorno a noi, con l’accoglienza, preparandoci con il sacramento della Riconciliazione al Natale che ci attende».

L’incontro con Gesù che ci rende liberi

Il Messia, avevano annunciato i profeti, cavalcherà non i focosi cavalli dei guerrieri, ma «un asino», lui che è «il principe della pace». E ora che Gesù entra a Gerusalemme fra gli osanna, la profezia davvero si adempie. Come possiamo osservare in questa incantevole miniatura del quattrocentesco Messale Nardini, gemma preziosa della Bibiblioteca Capitolare del Duomo di Milano, che, pur nel ristretto spazio di un capolettera, presenta una sorprendente fedeltà letterale al brano evangelico di Matteo. Dove, infatti, vediamo Gesù avanzare su un’asina con accanto il suo puledro, mentre la folla stende i suoi mantelli sulla strada. E c’è perfino chi si arrampica su una palma, tagliandone i rami per stenderli lungo la via. In disparte, invece, alcuni farisei assistono impietriti alla scena. Il riferimento all’asina e al suo asinello ha sempre colpito l’attenzione dei Padri della Chiesa. Come Ambrogio, per esempio, che sottolinea come l’asina sia stata liberata dai lacci che la trattenevano proprio dall’intervento dei discepoli di Gesù, facendone così una metafora dei cristiani resi liberi dall’incontro con il Signore.
Luca Frigerio