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Territorio

Magenta, dalla Comunità pastorale una Lettera alla Città

Una proposta aperta per dialogare, condividere e offrire occasioni per la cura di ognuno, a partire dai più fragili e dall’ambiente, diffusa nelle chiese dal 12 settembre

9 Settembre 2020
La conferenza stampa di presentazione della Lettera

Dialogo, cura e attenzione a tutti soprattutto ai più fragili (piccoli, poveri, anziani, emarginati), sguardo e azioni concrete a favore dell’uomo e dell’ambiente. Per dare una risposta alla domanda insopprimibile: “Chi si prende cura di me?”. Da questi punti passa il contenuto della Lettera alla Città, anticipata nei suoi aspetti più importanti alla stampa e che verrà diramata a partire da sabato 12 settembre nelle chiese della Comunità pastorale di Magenta. È una lettera che segue la prima, «Con Immensa simpatia», nata nel periodo del lockdown, nel momento forse più buio della pandemia da Covid-19, come tentativo di trovare una chiave di lettura e una proposta di cambiamento concreto, passando da un dialogo condiviso con il Consiglio pastorale e la diaconia.

Il mittente, il destinatario e l’oggetto

«Il mittente di questa lettera è la comunità cristiana che vuole essere Chiesa in uscita», ha illustrato ai giornalisti presenti il parroco don Giuseppe Marinoni, evidenziando che la lettera è firmata non solo da lui, ma dalla Diaconia e dal Consiglio pastorale. «Quella che verrà distribuita è l’ottava bozza, segno di un’attenta revisione e attenzione collegiale e sinodale in quanto frutto di “un popolo che cammina insieme”», ha sottolineato.

Il destinatario della missiva è il popolo cittadino, differente dalla folla, in quanto ha una precisa identità ed è composto da fratelli e sorelle. Questa fratellanza universale si manifesta anche attraverso un dialogo: affettuoso e rispettoso delle legittime differenze; cordiale, nel senso che parte dal cuore che parla, ascolta, si mette in relazione; condiviso; fecondo.

Ricordando il concetto chiave della proposta pastorale 2019-2020 dell’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, «l’occasione si è presentata sotto forma della situazione generata dalla pandemia. Occorre ricordare e raccontare, e quest’anno che si è appena aperto servirà a questo, insieme alla volontà di fare delle scelte concrete per il ben-essere comune».

Chi si prende cura di me?

La domanda insopprimibile ne richiama un’altra: cosa s’intende per cura. «Ha a che fare con lo “sguardo” nel senso di guardare attentamente; “cuore” nel senso di prendersi a cuore l’altro; “spazio” ovvero lo spazio vitale dell’uomo».

Ma di chi dobbiamo prenderci cura? «Di tutti e di tutto», risponde don Giuseppe. Tutti, visto come cura della persona, dei più fragili, senso dei più piccoli, dei poveri e nuovi poveri, delle persone sole, di chi vive nelle periferie esistenziali.

Il tutto, invece, rimanda al concetto di ecologia integrale, termine caro a Papa Francesco che sull’ambiente e la cura del Creato ha scritto l’enciclica Laudato sì.

Dialogo e confronto

Dalla Lettera alla Città, dalle parole pur belle e ricche di significato, si intende poi passare all’azione. Un’azione però concertata, risultato di un dialogo e di un confronto con le istituzioni, con le associazioni, con tutti coloro che vorranno porre domande e anche partecipare a trovare delle risposte.

Luisella Magnaghi, del Consiglio pastorale, ha approfondito il concetto di ecologia integrale: partendo dal concetto enunciato dal Pontefice, si dovrà lavorare per cercare di affrontare la crisi socio-ambientale scatenata dalla pandemia e lavorare al ben-essere comune, «con un impegno che sia frutto di responsabilità, individuale e collettiva, e mirato alla sostenibilità».

Don Davide Fiori ha trattato, invece, il tema dei poveri: «si deve passare dalle parole alle azioni, concretizzando l’idea della cura delle periferie esistenziali. Per questo occorre avere uno sguardo complessivo, mettere insieme le forze, coordinarsi e fare rete, mettendo a fattor comune le energie positive presenti nella comunità di Magenta».

Giorgio Cerati, altro rappresentante del Consiglio pastorale, si è focalizzato sul bisogno della cura della persona. «Alla pandemia sanitaria ha conseguito una pandemia della paura, che si può affrontare solo avendo cura uno dell’altro. Serve uno sguardo diverso, soprattutto sull’educazione», e sulla necessità di risposte e interventi ad ampio spettro. Ha ricordato anche i progetti dedicati ai giovani e alle fragilità che erano stati avviati prima dell’emergenza sanitaria e che, appena la situazione permetterà, si torneranno a seguire.

«Gli stessi giovani, interpellati dalla Comunità Pastorale, hanno dato una risposta forte e chiara: loro ci sono, ma hanno anche bisogno di una formazione per dare un aiuto efficace», hanno ricordato don Giuseppe e don Davide.

Quali saranno i passi successivi alla Lettera? Il primo sarà rappresentato dal prossimo Consiglio pastorale, per approfondire gli aspetti inseriti nel documento; seguiranno poi momenti di dialogo con istituzioni, associazioni, cittadini per comprendere cosa fare e rendere il tessuto solidale ancora più efficace e aperto.