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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Vaticano

L’ultimo Angelus:
in preghiera sempre vicini

Benedetto XVI, avvolto da una folla immensa, ripercorre il Vangelo della Trasfigurazione. Un invito a tutti a pregare sul monte Tabor: «L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell'incontro con Dio, per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio»

25 Febbraio 2013

Ha parlato del «primato della preghiera» Benedetto XVI, nel suo ultimo Angelus con le migliaia di fedeli che hanno riempito piazza San Pietro, prima di lasciare, giovedì 28 febbraio alle 20, il ministero petrino. La preghiera, ha avvertito il Papa, «non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni», ma «riconduce al cammino, all’azione». Ed è a una vita «ancora di più» dedicata «alla preghiera e alla meditazione» che ora il Signore lo chiama per continuare a servire la Chiesa «con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui l’ho fatto fino a ora».

Un nuovo «esodo»

«Grazie per il vostro affetto», ha esordito il Pontefice, prima di spiegare il Vangelo odierno. Nella seconda domenica di Quaresima, «la liturgia ci presenta sempre il Vangelo particolarmente bello della Trasfigurazione del Signore». L’evangelista Luca pone «in particolare risalto il fatto che Gesù si trasfigurò mentre pregava: la sua è un’esperienza profonda di rapporto con il Padre durante una sorta di ritiro spirituale che Gesù vive su un alto monte in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre discepoli sempre presenti nei momenti della manifestazione divina del Maestro». Il Signore, che poco prima aveva preannunciato la sua morte e risurrezione, offre così «ai discepoli un anticipo della sua gloria». E anche nella Trasfigurazione, come nel battesimo, «risuona la voce del Padre celeste: “Questi è il figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”». La presenza poi di Mosè ed Elia, che rappresentano la Legge e i Profeti dell’antica Alleanza, è «quanto mai significativa: tutta la storia dell’Alleanza è orientata a Lui, il Cristo, che compie un nuovo “esodo”, non verso la terra promessa come al tempo di Mosè, ma verso il Cielo». L’intervento di Pietro, «Maestro, è bello per noi essere qui», rappresenta «il tentativo impossibile di fermare tale esperienza mistica». Il Santo Padre ha ripreso, quindi, un commento di sant’Agostino: «[Pietro] … sul monte … aveva Cristo come cibo dell’anima. Perché avrebbe dovuto scendere per tornare alle fatiche e ai dolori, mentre lassù era pieno di sentimenti di santo amore verso Dio e che gli ispiravano perciò una santa condotta?».

Il primato della preghiera

Meditando questo brano del Vangelo, per Benedetto XVI, «possiamo trarne un insegnamento molto importante». Innanzitutto, «il primato della preghiera, senza la quale tutto l’impegno dell’apostolato e della carità si riduce ad attivismo». Di qui l’invito: «Nella Quaresima impariamo a dare il giusto tempo alla preghiera, personale e comunitaria, che dà respiro alla nostra vita spirituale». Inoltre, «la preghiera non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni, come sul Tabor avrebbe voluto fare Pietro, ma l’orazione riconduce al cammino, all’azione». «L’esistenza cristiana – ha continuato il Papa, richiamando un passaggio del suo Messaggio per questa Quaresima – consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio, per poi ridiscendere portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio».

«Salire sul monte»

«Questa Parola di Dio – ha confessato il Pontefice, interrotto da scroscianti applausi – la sento in modo particolare rivolta a me, in questo momento della mia vita. Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione». Ma, ha evidenziato, «questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze». Il Santo Padre ha poi invocato l’intercessione della Vergine Maria: «Lei ci aiuti tutti a seguire sempre il Signore Gesù, nella preghiera e nella carità operosa».

Il grazie a tutti per l’affetto

«Ringraziamo il Signore per il po’ di sole che ci dona», ha esortato Benedetto nei saluti in varie lingue, nei quali ha voluto, come la settimana scorsa, ancora ringraziare tutti per la vicinanza in questo momento. In francese ha ringraziato «di tutto cuore» per le preghiere e l’affetto manifestatogli in questi giorni. «Ringrazio ciascuno per le espressioni di gratitudine, affetto e vicinanza nella preghiera che ho ricevuto», ha affermato in inglese. In tedesco ha ringraziato tutti per «i tanti segni di vicinanza e di affetto, in particolare per la preghiera». Ringraziamenti anche in spagnolo per «le tante testimonianze di vicinanza e preghiere che gli sono giunte in questi giorni» e in portoghese: «Vi sono grato per la vostra presenza e per tutte le manifestazioni di affetto e solidarietà, in particolare per le preghiere con le quali mi state accompagnando». Ancora in polacco: «Vi ringrazio del ricordo e della manifestazione di benevolenza che da voi ricevo in questi giorni e in modo particolare per le preghiere», ha dichiarato. «Il Vangelo di oggi – ha aggiunto – ci conduce sul monte Tabor, dove Cristo ha svelato davanti ai discepoli lo splendore della sua divinità e diede la certezza che attraverso la sofferenza e la croce possiamo raggiungere la risurrezione. Dobbiamo saper scorgere la Sua presenza, la Sua gloria e la Sua divinità nella vita della Chiesa, nella contemplazione e negli eventi di ogni giorno». Infine, rivolgendosi ai pellegrini di lingua italiana, ha ricordato che «sono presenti numerosi rappresentanti di diocesi, parrocchie, associazioni e movimenti, istituzioni, come pure tanti giovani, anziani e famiglie. Vi ringrazio per l’affetto e la condivisione, specialmente nella preghiera, di questo momento particolare per la mia persona e per la Chiesa. In preghiera siamo sempre vicini».

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