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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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L’esperienza dei ragazzi del Centro salesiano di Arese BARABBA’S CLOWNS, DAL DISAGIO ALLA SOLIDARIETÀ

9 Maggio 2006

Da sempre i salesiani educano attraverso il teatro, ma 25 anni fa la grande svolta: non più spettacoli drammatici ma gag e clownerie. Da allora i ragazzi di Arese hanno realizzato oltre mille spettacoli e quello che guadagnano va a sostegno di progetti nei Paesi poveri.

di Luisa Bove

Venticinque 25 anni fa nasceva ad Arese il gruppo dei Barabba’s clowns (dal termine barabitt, oggi “ragazzi difficili”) grazie all’intuizione di don Vittorio Chiari. «Quando siamo arrivati nell’ex Beccaria abbiamo cambiato tutto», racconta il direttore del Centro salesiano don Chiari, «abbiamo cercato di portare il sorriso e la speranza in un ambiente che, anche solo per le divise e le gabbie (il carcere), metteva molto tristezza».

I salesiani lavorano sul disagio giovanile accogliendo ragazzi di Arese e dei comuni vicini. Oltre ad essere aiutati a concludere gli studi e a imparare un mestiere, i minori sono accompagnati anche in un cammino di crescita umana e cristiana. «Noi cerchiamo di dare un senso alla loro esistenza», continua il sacerdote, «e di far capire che la vita è bella se diventa dono per gli altri».

Tra le attività del Centro da sempre esiste il teatro drammatico, ma un giorno i giovani attori si sono ribellati. La metà di loro si è rifiutato di salire sul palco dicendo: «Soffriamo troppo nel raccontare storie tristi». Così è nata l’idea di «riscoprire la bellezza del corpo, che danza, ride, scherza», spiega don Vittorio. In una parola: la clownerie. Da allora le cose sono cambiate ed è nata una compagnia che mette in scena pièces divertenti e gag.

«Si tratta di una proposta forte», spiega Massimo Giuggioli, coordinatore dei Barabba’s, «che va al di là del momento dello spettacolo. L’obiettivo non è quello di creare un gruppo chiuso, ma di offrire qualcosa di più a questi ragazzi, aiutandoli ed educandoli anche al sacrificio e alla gratuità». Per questo i fondi che raccolgono da ogni spettacolo vengono devoluti per sostenere progetti nei Paesi poveri. E in questi anni alcuni ragazzi hanno vissuto anche brevi esperienze in Rwanda e in Bosnia.

«Sono arrivato al Centro, come tutti i ragazzi, con problemi familiari alle spalle. Avevo 12 anni», dice William, sposato, con tre bambini. «Tutti partivamo da un disagio», ammette. «Con i Barabba’s clowns ho iniziato per gioco. A scuola facevo già lo “stupidino”, poi ho scoperto che con i Barabba’s c’era la possibilità di recitare con intelligenza e così ho iniziato a fare teatro sul serio».

William è stato in Bosnia e due volte in Rwanda, è qui che ha vissuto l’impatto più forte con la popolazione. «La prima spedizione è durata oltre 20 giorni», racconta, «siamo andati dopo il genocidio del 1994 per ricostruire la missione». Altri ricordi sono legati a un periodo particolare della sua vita, che ha coinciso con l’esperienza di Alessandria, ai tempi dell’alluvione. «Per me è stato un fatto importante perché allora vivevo da solo e avevo appena perso il lavoro». Gli abitanti, che fino a un attimo prima vivevano una vita normale, improvvisamente si sono ritrovati senza casa. «Andando là mi sono reso conto che ero più ricco di loro, io in poco tempo avrei potuto trovare lavoro, mentre la gente là doveva rimboccarsi le maniche».

Impossibile dire quanti giovani in 25 anni siano passati da Arese tra ospiti, professionisti e volontari, ma certo per tutti è stata un’esperienza importante. Gianluca Previato oggi è regista e clown di professione, i suoi maestri sono stati Bano Ferrari, Massimo Giuggioli e don Vittorio Chiari. «Ora nel tempo libero cerco di trasmettere ai ragazzi la mia passione per il teatro». Aveva iniziato nel 1985, all’età di 15 anni, ma adesso far ridere la gente per lui è diventato un mestiere. Ha fondato una cooperativa di clown, i “Nasi rossi”, e fa spettacoli in Italia e all’estero, è già stato in Germania, Polonia, Georgia, Russia…

«E’ più importante portare un sorriso che una risata», spiega Previato, «perché la risata finisce, il sorriso invece si porta “dentro”». Ècontento dei “suoi” ragazzi e ammette: «In alcuni di loro mi rivedo e spero che qualcuno riesca un domani ad affermarsi nella vita anche grazie a questa esperienza di clownerie. Il teatro è una grande fatica, ma è importante sapersi mettere in gioco e rispettare le regole».

Giacomo fa l’educatore di professione, ricorda ancora quando nella sua scuola ha visto per la prima volta i Barabba’s clowns . «Qualche anno fa ho iniziato a fare il clown nelle pediatrie degli ospedali come volontario», racconta, «poi ho frequentato un corso ad Arese». Ora è entrato nella compagnia dei Barabba’s. «Mi sembra bello usare il teatro come strumento educativo per recuperare i ragazzi in difficoltà», spiega. Per lui i barabitt sono solo persone «sfortunate». E pensando alla sua vita ammette: «Se io fossi nato nelle stesse situazioni, sarei come loro».