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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Family 2012

Le parole da salvare: testimonianza (1)

L’invito del Papa alle famiglie cristiane del mondo: «Diventate un Vangelo vivo». E Tettamanzi avverte: «La testimonianza passa attraverso la vita quotidiana». È il momento, come ha detto il cardinale Scola, di «far rifluire nell’ordinario lo straordinario che abbiamo vissuto»

di Gerolamo FAZZINI

24 Giugno 2012

Ora che emozioni, sentimenti, incontri e gesti del VII Incontro mondiale delle famiglie si vanno sedimentando, è tempo di “salvare” alcune parole-chiave dell’evento. Un modo per tener desta, nel cuore, la memoria di un appuntamento di Grazia che non va sprecato e un’occasione – per dirla con il cardinale Angelo Scola – per «far rifluire nell’ordinario lo straordinario che abbiamo vissuto».

La prima parola che vorrei custodire di tutto quanto abbiamo vissuto insieme in questi mesi è «testimonianza». Nella splendida omelia della Messa conclusiva a Bresso, Papa Benedetto ha invitato ogni famiglia a diventare «Chiesa domestica». Ma poi si è spinto oltre, chiedendo alle famiglie cristiane del mondo – oggi, in un tempo in cui la vocazione a essere sposi e genitori cristiani «non è facile da vivere» – di essere niente di meno che «Vangelo vivo». Rileggiamo le sue parole: «Care famiglie, davanti a voi avete la testimonianza di tante famiglie, che indicano le vie per crescere nell’amore: mantenere un costante rapporto con Dio e partecipare alla vita ecclesiale, coltivare il dialogo, rispettare il punto di vista dell’altro, essere pronti al servizio, essere pazienti con i difetti altrui, saper perdonare e chiedere perdono, superare con intelligenza e umiltà gli eventuali conflitti, concordare gli orientamenti educativi, essere aperti alle altre famiglie, attenti ai poveri, responsabili nella società civile. Sono tutti elementi che costruiscono la famiglia. Viveteli con coraggio, certi che, nella misura in cui, con il sostegno della grazia divina, vivrete l’amore reciproco e verso tutti, diventerete un Vangelo vivo, una vera Chiesa domestica».

Anche il cardinale Dionigi Tettamanzi, nella parte finale del suo intervento al Congresso teologico-pastorale, aveva dedicato un passaggio intenso al tema della testimonianza. «Non c’è vita cristiana senza testimonianza. La testimonianza passa attraverso il vissuto quotidiano, che in gran parte è il vissuto del lavoro – aveva detto -. La nostra testimonianza deve presentare i lineamenti tipici della vita di Nazaret: una testimonianza che avviene nella semplicità, normalità ed essenzialità; che non ricorre a nessuna “predica” e a nessun “proselitismo”; che non ha bisogno di segni distintivi o speciali; che rifugge da tutto ciò che può urtare sensibilità diverse dalla nostra; che non scade in qualche forma di pietismo. (…) È questo il lievito evangelico, nascosto quanto efficace, che fermenta l’impasto dell’ambiente di lavoro».

Anche il cardinale Gianfranco Ravasi, in un passaggio della sua suggestiva relazione biblica, aveva invitato la famiglia cristiana a «custodire nel dialogo la sua identità cristiana in forma non aggressiva e integralistica», senza «stingersi e scolorirsi in un generico e vago sincretismo». Un equilibrio difficile da costruire e da vivere, ma è dalla qualità di questa testimonianza che dipende la credibilità della proposta cristiana.

(1. continua)