Martedì 11 febbraio vivremo la XXII Giornata mondiale del malato. Fu istituita da Giovanni Paolo II con molteplici finalità, tra le quali: sensibilizzare il popolo di Dio alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; coinvolgere in maniera particolare le comunità crisitiane nella pastorale sanitaria; richiamare l’importanza della formazione e della crescita spirituale e morale di chi si accosta al malato.
La scelta del tema pastorale da proporre all’attenzione della comunità cristiana nella Gmm 2014 nasce anzitutto dall’esigenza di aiutare i credenti a crescere nel cammino di fede. Tutti corresponsabili nell’opera di evangelizzazione, andiamo nel mondo – fino alle «periferie esistenziali», come ci ripete sovente papa Francesco – a portare la buona Notizia dell’amore di Dio. Nel tradizionale messaggio per la Giornata, il Santo Padre afferma: «Quando ci accostiamo con tenerezza a coloro che sono bisognosi di cure, portiamo la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo. Quando la dedizione generosa verso gli altri diventa lo stile delle nostre azioni, facciamo spazio al Cuore di Cristo e ne siamo riscaldati, offrendo così il nostro contributo all’avvento del Regno di Dio».
Come ben si comprende, la Giornata mondiale del malato è una formidabile possibilità per far crescere nelle nostre comunità cristiane la cura dei malati. La «cura pastorale del malato», infatti, non è delegabile alla strutture ospedaliere: il cappellano e i suoi collaboratori, che con impegno e amorevolezza si fanno carico dei malati ricoverati, hanno bisogno di un raccordo sempre più stretto col tessuto parrocchiale e decanale, non per scopi organizzativi, ma per il bene del malato stesso. È l’insieme delle relazioni umane quotidiane che sostiene la vita della persona malata! Molte volte nei Vangeli si sottolinea l’integrazione del malato in una rete di relazioni familiari, del villaggio e talvolta delle folle: «gli portavano tutti i malati» (per esempio in Mt, 8,16; 9,12; 14,14; Mc 1,32; 7,32; 8,22; Lc 4,40). Questa partecipazione corale esprime la responsabilità dei sani nei confronti del bisogno di chi è malato. Ogni malattia, e soprattutto quelle molto debilitanti, pone la persona in una situazione di bisogno e di dipendenza: sperimentando la propria fragilità e finitezza, il malato vive una crescente solitudine, una distanza sempre maggiore dagli altri. La relazione stessa diventa elemento terapeutico, motivo di speranza e annuncio evangelico di prossimità e condivisione, particolarmente se il malato si trova di fronte ad un deserto relazionale.
Il servizio ai malati dei Responsabili decanali di Pastorale della salute, per la parte formativa e di coordinamento, e dei ministri straordinari della Comunione eucaristica mostra la compassione della comunità cristiana per il sofferente e la volontà di far propria la logica evangelica del dono. La nostra Diocesi da tempo sta camminando per favorire la crescita di reti relazionali: la guarigione della persona malata avviene nella via della relazione umana integrale, nella capacità di assumersi la responsabilità dell’aiuto al malato fino a giungere a un’autentica condivisione esistenziale.
Come ricorda Enzo Bianchi: «Non c’è vera gioia senza gli altri, come è vero che non c’è speranza se non sperando insieme. Ma la speranza è frutto del donare, della condivisione, della solidarietà».
Lasciarsi educare dal Vangelo alla cultura del dono permette di aprire varchi di luce nell’esistenza umana per dare senso alla vita e soprattutto alle sofferenze.
Per essere aiutati nell’animazione della Giornata, presso il Servizio di Pastorale della salute in Curia arcivescovile è disponibile l’abbondante materiale predisposto dagli Uffici della Cei: il ritiro di immaginette, locandine, poster e schede teologiche-pastorali è possibile tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 12.30.