Sulla società italiana incombe un problema che già da anni si sta consolidando: è il radicale cambiamento demografico in atto, con un forte calo delle nascite e un altrettanto ragguardevole prolungamento dell’età media della popolazione. Quindi più anziani e centenari e meno giovani. Anche il flusso degli immigrati si sta stabilizzando e rientra man mano nei valori demografici della popolazione italiana.
A fronte di questo problema – che ormai presenta rilievi di ordine economico e politico, oltre che di organizzazione sociale – il Comitato per il Progetto culturale della Cei ha pubblicato lo studio Il cambiamento demografico,edito da Laterza, che segue quello di due anni fa sull’educazione, e che è stato presentato ieri all’Università Cattolica di Milano da relatori di alto profilo: con l’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, il professor Lorenzo Ornaghi, rettore dell’ateneo, il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato Cei, il professor Giancarlo Blangiardo, demografo dell’Università di Milano-Bicocca, la professoressa Eugenia Scabini, preside della facoltà di Sociologia della Cattolica, e il senatore Maurizio Sacconi, Ministro del Lavoro.
«Parlare di demografia vuol dire parlare di famiglia, e la famiglia è quel rapporto stabile e aperto alla vita. Questa crisi è sintomo di un disagio più diffuso – ha detto il cardinale Scola -. Finora la compresenza delle generazioni in una famiglia ha alimentato solidarietà e sostenuto i costi dei passaggi intergenerazionali, ma l’emergenza demografica non può essere affrontata solo con misure politiche: bisogna andare alle cause, a partire dalla concezione della persona come identità individuale che cresce solo se è in relazione». Questo il punto di partenza per esaminare i problemi delle famiglie di oggi, che l’Incontro mondiale di Milano 2012 certamente porrà in luce.
Per la politica dei prossimi decenni è fondamentale misurarsi sulla questione del cambiamento demografico. «Il senso della politica è oggi sfidato da questioni relative alla persone nella sua interezza e dei valori non negoziabili», ha sottolineato Ornaghi, ricordando che nessuna società è mai morta per distruzione prodotta da altri, ma piuttosto per suicidio. Quindi la questione della sopravvivenza della società italiana dipende anche dalle scelte di ciascuno dei suoi componenti. «Se non si pone rimedio, entro breve l’Italia non potrà rispondere alle sfide che le stanno davanti – ha sottolineato il cardinale Ruini -: per aumentare le nascite occorrono interventi pubblici rivolti a eliminare ostacoli sociali ed economici che dissuadono ad avere figli. Le nuove generazioni sono un bene pubblico e non solo privato, e sono il futuro del Paese. Mentalità e sensibilità sono fattori che influiscono sui comportamenti demografici e pesano maggiormente sulla scelta di avere figli».
«Non è il desiderio di avere figli che manca – ha chiarito Blangiardo -, ma ci sono difficoltà di ordine materiale ed economico che lo ostacolano. Come risanare? Rimettendo al centro la famiglia e consentendole la realizzazione dei progetti di formazione del capitale umano». Esiste un piano nazionale sulla famiglia che va portato avanti. Va rivista anche l’immagine di famiglia trasmessa dai media: occorre creare un clima culturale amichevole per chi cerca di avere più figli.
È l’immagine degli adulti che è messa in gioco, secondo Scabini, perché si vuole essere il più possibile giovani: «Il compito generativo come impegno progettuale e investimento responsabile di una nuova generazione viene sempre più rinviato. Questo impoverisce la società soggetta alle scelte privatistiche». Anche per la politica si apre un orizzonte di grandi impegni per sostenere le famiglie e i giovani, dalla scuola alle categorie più deboli, dal supporto alle donne alla facilitazione nei rapporti di lavoro. Il cambiamento demografico richiede l’impegno di tutti.