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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Scuola

«La libertà di educazione
è un diritto costituzionale,
nessun favore ai cattolici»

Monsignor Eros Monti, vicario episcopale per la Vita sociale, riprende i contenuti dell’intervento del cardinale Scola alla “Andemm al Domm”

di Pino NARDI

22 Aprile 2012

«Bisogna sgombrare il campo dai pregiudizi: non è un favore alla “scuola cattolica”, dato che la libertà di educazione concerne qualsiasi istituto che risponda ai requisiti richiesti dalla legge, e rimane proposta “aperta a tutti”, senza esclusione di alcuno». Monsignor Eros Monti, vicario episcopale per la Vita sociale, riflette sul tema delicato della libertà di educazione, riprendendo i contenuti dell’intervento del cardinale Scola alla “Andemm al Domm”.

Un pastore, un vescovo, chiedendo la libertà di educazione fa politica? Qual è il nesso con la fede?
La “libertà di educazione” nel nostro Paese è un principio costituzionale, come tale appartiene ai valori e ai principi basilari del nostro ordinamento. L’articolo 33 della nostra Carta costituzionale stabilisce infatti: «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Afferma in seguito che «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione», e prosegue dichiarando che «la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali». Si tratta pertanto di un riferimento previo e più alto rispetto al dibattito politico in atto. È un valore che tutte le parti sociali e politiche, indistintamente, sono chiamate a riconoscere, non una realtà di cui alcuni soltanto si potrebbero appropriare. Esso esprime inoltre uno dei principali valori antropologici implicati dalla fede cristiana, come tali pienamente condivisibili da tutti, che già l’allora cardinale Ratzinger, nella Nota della Congregazione della Dottrina della Fede del 24 novembre 2002 definiva «esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili» (n. 4), non in quanto «confessionali», ma perché «radicate nell’essere umano» e appartenenti «alla legge morale naturale» (n. 5).

Il sistema della scuola pubblica non statale da anni chiede sostegno e riconoscimento. Quale appello si può fare alle istituzioni per rendere concreta la libertà di scelta delle famiglie?
Occorre mostrare il valore sociale e culturale di questo diritto, in quanto espressione della responsabilità dei genitori di educare anche attraverso la scelta scolastica. La scuola è uno dei riferimenti principali nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, decisive nella formazione di una persona; e a scuola non si comunicano anzitutto nozioni, ma visioni dell’uomo, del mondo, di Dio. Potrebbero dei genitori rimanere indifferenti di fronte a una simile responsabilità? Come è poi ampiamente dimostrato, grazie alla presenza delle scuole paritarie lo Stato realizza un forte risparmio; un sostegno anche di tipo economico nei loro riguardi non costituirebbe per nulla un onere aggiuntivo. È, inoltre, questione di giustizia, dal momento che, in assenza di sostegno, ad essere penalizzate sono proprio le famiglie meno abbienti, private del diritto di accedervi, in pieno contrasto con i più basilari principi di equità e uguaglianza tra tutti i cittadini. Da ultimo, l’articolo 33 della Costituzione non nega vi possa essere un sostegno anche di carattere economico alla scuola paritaria: l’espressione «senza oneri per lo Stato» è riferita testualmente all’istituzione e non anche alla gestione dell’ente.

«Sono convinto che questa della libertà di educazione sia uno dei diritti che inesorabilmente un Paese che vuol diventare moderno e guardare al futuro dovrà riconoscere – ha detto il cardinale Scola -. E questo non è in alternativa in alcun modo alla scuola di Stato». Come valuta questa sottolineatura dell’Arcivescovo, di confronto e non di scontro con la realtà scolastica statale?
Mi pare che l’Arcivescovo evidenzi con chiarezza l’apporto straordinario che, se adeguatamente valorizzato, può scaturire dal pieno riconoscimento della libertà di educazione per le famiglie, gli alunni, gli insegnanti e per l’intero Paese, data l’importanza dei valori antropologici e civili sopra ricordati. L’educazione riguarda ogni aspetto dell’umano, e promuoverla in tutte le sue forme migliori significa esattamente investire sul nostro futuro, appunto in ogni suo aspetto. La presenza poi di differenti proposte educative, non generiche ma in grado di esprimere una propria identità, in una realtà culturalmente frammentata come l’attuale non può che favorire un dialogo e un confronto approfondito e arricchente per tutti. Penso a quanto ne potrebbero guadagnare le grandi questioni che ci tengono tutti con il fiato sospeso, come i grandi temi etici, le immense "questioni sociali" del nostro tempo, e così via.