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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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La fine del conflitto nell’Ulster L’IRLANDA FA LA PACE CON SE STESSA

9 Ottobre 2007

Se tutto andrà come deve, l’8 maggio l’Irlanda del Nord inaugurerà il primo governo autonomo, guidato da un protestante lealista con un vice repubblicano e cattolico. Lo storico risultato, pone fine a una guerra civile trentennale costata 3000 morti. Sarà riconciliazione per cattolici e protestanti? Forse resta da estirpare del tutto il seme della violenza e della separazione tra le due comunità. Ma questa Pasqua segna il primo passaggio.

di Paolo Lambruschi

Una Pasqua che lava l’odio di secoli e il sangue versato da generazioni di nordirlandesi nel conflitto secolare tra protestanti e cattolici, tra lealisti fedeli alla corona britannica e repubblicani che vorrebbero riunire le contee settentrionali all’Eire. L’Irlanda del Nord, se tutto procederà liscio, tra circa un mese, l’8 maggio, inaugurerà il primo governo autonomo guidato da un protestante lealista con un vice repubblicano e cattolico. Inaudito fino a dieci anni fa.

Una vittoria politica e diplomatica dei governi di Londra e Dublino. In particolare di Tony Blair che, alla vigilia del ritiro da primo ministro di Sua Maestà, incassa una vittoria che lo consegna ai libri di storia. Fu lui, infatti, a insistere perché il venerdì santo del 1998 nel castello di Stormont, a Belfast, tutti i partiti democratici e i rappresentanti politici dei terroristi repubblicani dell’Ira e quelli dei paramilitari filo britannici siglassero un accordo di pace che poneva fine a 25 anni di lotta armata.

Per nove anni si è andati avanti tra alti e bassi con molte esitazioni da parte degli ultras della Corona. Alla fine l’accordo ha tenuto. L’Ira – l’esercito clandestino repubblicano – si è sciolta, il suo arsenale (armi leggere e Semtex, esplosivo per gli ordigni) è stato consegnato. Si è dissolta anche la controparte, la galassia di sigle filobritanniche alimetata dalla polizia fedele a Londra. E la guerra civile, tecnicamente definita a bassa intensità, costata 3000 morti, è finita.

Oggi i due capi storici delle fazioni più estreme e rappresentative, il vecchio reverendo protestante Ian Paisley, che ha vinto le amministrative ai primi di marzo col Democratic Ulster Party, e il leader del cattolico Sinn Fein Gerry Adams, giunto secondo, possono preoccuparsi solo degli organigrammi del prossimo esecutivo. Ambedue continueranno a perseguire i rispettivi obiettivi con metodi democratici.

Cosa ha determinato la vittoria della pace? Diversi fattori: alcuni evidenti, altri più nascosti. Ad esempio il mutamento demografico. Rispetto ai primi anni ’70 la popolazione cattolica è oggi leggermente maggioritaria e, anche grazie alle leggi dell’Ue, è impossibile discriminarla sul luogo di lavoro e a scuola. In più, i giovani nordirlandesi protestanti preferiscono migrare a Londra.

La pace è inoltre necessaria per lo sviluppo economico. Dublino è partita da anni all’assalto economico della parte settentrionale dell’isola, sottrattale nella Pasqua del 1921 dagli accordi tra Londra e l’eroe dell’indipendenza irlandese Michael Collins. E le aziende irish che stanno investendo da almeno un lustro nelle contee del Nord (più di un miliardo di euro da qui al 2013) hanno un plus: una tassazione del 12.5 contro il 40 di quelle inglesi che le rende appetibili anche ai protestanti. È stata anche una vittoria dell’Ue: caduti i con fini nel 1999, improvvisamente sono diventati reperti archeologici muri e reticolati di frontiera e le ragioni di una disputa territoriale sono andate in soffitta.

Finora si è però taciuto il merito di protagonisti rimasti nell’ombra: le chiese e la società civile. Non solo le gerarchi cattoliche e anglicane, schieratesi contro la violenza, ma soprattutto migliaia di anonimi cittadini coraggiosi e determinati, militanti di associazioni per i diritti civili, parenti delle vittime, religiose e sacerdoti che con coraggio non hanno mai fatto spegnere la fiammella della speranza nei ghetti e nelle case bruciate alla frontiera tra le zone cattoliche e protestanti, la cosiddetta peace line, testimoniando anche tra i più poveri che la guerra era una sconfitta di tutti.

Eroi del quotidiano che hanno rischiato la vita per il dialogo quando i carri armati presidiavano le strade e i militari delle truppe speciali erano pericolosamente armati E chi non si schierava da una parte o dall’altra poteva venire ucciso di notte, come un traditore dai killer terroristi. Magari per aver partecipato a una marcia pacifista o una dimostrazione contro la violenza nei quartieri cattolici o protestanti marchiati dai murales dell’Ira o dei paramilitari lealisti.

Ora che si vuole costruire un parco al posto del vecchio carcere di massima sicurezza di Maze, dove Bobby Sands e i suoi compagni nell’81 si lasciarono morire di fame, resta da estirpare del tutto il seme della violenza e della separazione tra le due comunità. Ma questa Pasqua segna il primo passaggio: l’Irlanda del Nord finalmente è tornata a casa, in Europa