Nelle prime pagine della Lettera pastorale c’è un paragrafo che merita di essere ripreso e meditato con calma, per l’ampiezza e la serietà del fenomeno che intende descrivere. Si tratta del paragrafo dedicato alla situazione difficile e faticosa dei quarantenni di oggi.
Il Cardinale ci indica la loro situazione come una cifra emblematica della crisi con cui si deve misurare il nostro cattolicesimo popolare, una fatica da assumere e in cui lavorarci dentro. «Uno dei segni più evidenti di questa fatica è la condizione delle “generazioni intermedie”, di coloro cioè che, terminato il tempo dello studio, si immettono nel mondo del lavoro, costruendo legami affettivi, formandosi in genere una famiglia, desiderosi di una propria autonoma collocazione nella società. Sono proprio queste generazioni, tra i 25 e i 50 anni, a essere particolarmente travagliate. Spesso l’annuncio del Vangelo e la vita delle nostre comunità appare loro astratto, lontano dal quotidiano. E per questo Dio sembra non interessare più».
La precarietà del loro presente è così forte e così estesa (tocca il lavoro come gli affetti, rende incerto il futuro) da svuotare di significato e di senso anche i luoghi più densi e le pratiche più significative della nostra fede. Si tratta di una generazione che fatica a credere perché in debito di energie. È una generazione che non può che vivere inchiodata al proprio presente.
Il tempo di Avvento che stiamo vivendo, la visita alle famiglie che tante parrocchie stanno svolgendo in queste settimane sono uno sfondo interessante entro il quale collocare una riflessione su questa generazione: come aiutarli a riappropriarsi del loro futuro, come sostenerli nella realizzazione di compiti che una volta sembravano scontati (essere coniugi, essere genitori) e oggi appaiono loro come traguardi quasi impossibili? La risposta non può essere delegata ai tecnici di qualche scienza, ma va costruita nella condivisione delle loro ansie e incertezze.
«Portate gli uni i pesi degli altri»: questa esortazione di San Paolo guidi il nostro Avvento vissuto assieme a questa generazione intermedia: che l’Avvento liturgico sia per loro una palestra che li aiuta ad aprirsi in modo sereno al futuro del Regno che il Padre ci sta preparando e verso il quale ci sta conducendo, con il Figlio.
da Avvenire, 30/11/2013