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Intervista

La bellezza della fede
dall’oratorio al mondo

Prime reazioni alla Nota pastorale del cardinale Scola. «Si parte dalle relazioni buone tra la parrocchia, la polisportiva, la scuola...». Così per Carlo Marnati, direttore laico a Bareggio, e la moglie Linda, insegnante, si inizia a creare una comunità educante

di Francesca LOZITO

6 Luglio 2014

Dall’oratorio al mondo testimoniando la bellezza della fede. Carlo Marnati e Linda Cattaneo sono marito e moglie. Da cinque anni lui è direttore dei due oratori della Comunità pastorale Maria Madre della Chiesa di Bareggio: svolge questo servizio attraverso la Cooperativa diocesana “Aquila e Priscilla”. Lei, invece, insegna matematica ed è educatrice dei diciottenni nella stessa Comunità pastorale. Con loro parliamo della Nota pastorale del cardinale Scola La comunità educante.

Come riscontrate in oratorio il contesto di frammentazione di cui parla la Nota?
I giovani che incontriamo svolgono bene il loro servizio: gli animatori dell’oratorio feriale, per esempio, sono fantastici. Il rischio, però, è che fuori da qui l’animatore non esista più: esiste lui con i suoi amici. Noi cerchiamo di ricordare che sono animatori 24 ore su 24 e che sempre devono testimoniare la bellezza del loro incontro con Gesù, di stare in oratorio, di vivere una esperienza di fede…

In che modo l’educazione può essere allora esperienza di unità?
Noi possiamo concretizzare questa unità in una compagnia concreta coi ragazzi, condividendo i momenti di gioia e di difficoltà. Quella vita che fuori è frammentata ritrova il suo centro qui, in Gesù. La sfida più grande è far capire ai ragazzi, attraverso l’esperienza, che non stiamo togliendo loro qualcosa, anzi li aiutiamo a scoprire la bellezza della fede, quel qualcosa che ti dà di più. E col tempo i ragazzi questa cosa la capiscono sulla loro pelle. Ma sia chiaro: la compagnia che offriamo ai ragazzi non è una dipendenza. Non li portiamo a noi: li portiamo alla comunità e la comunità vuol dire Gesù.

Come tutto questo si riflette poi all’esterno?
Viviamo anche altre esperienze di formazione, come prendere parte all’unità di strada dell’Associazione Papa Giovanni. Alcuni di noi preparano da mangiare presso le Suore della Carità di Baggio. Diamo uno stile, un qualcosa in più che fa vedere la bellezza. Con diciottenni e giovani, inoltre, siamo andati tre giorni a Roma con la Comunità di Sant’Egidio, vivendo un’esperienza insieme a loro. Insomma, l’oratorio è bello, ma lo sguardo che tentiamo di dare è quello sul mondo.

Come si fa a “creare” una comunità educante?
Si parte dalle relazioni buone tra noi: direttivo della Comunità pastorale, sacerdoti, polisportiva… E poi attraverso lo sguardo allargato agli insegnanti, alla scuola. Partendo da una passione educativa che si fonda sui bisogni dei ragazzi. Proprio per questo, a gennaio abbiamo dato vita a un doposcuola per le medie: è stata appunto la comunità a chiedercelo. Vi hanno prestato servizio 35 persone, tra volontari e insegnanti in pensione.

Quanto conta nella vostra esperienza proporre un percorso di iniziazione cristiana che sia trama nelle relazioni?
È la cosa più importante in assoluto. Non è un “pacchetto” che attacchiamo addosso, ma una piccola scoperta che i ragazzi possono compiere passo dopo passo. Agli incontri settimanali di catechismo si affiancano momenti di ritiro e giornate in compagnia: sacerdoti e catechisti incontrano i genitori, con cui condividono che cosa stanno facendo e come stanno vivendo i ragazzi. E poi, sempre nell’ambito dell’iniziazione, ci sono momenti “esterni” come la visita al Duomo o a specifiche mostre d’arte.