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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Intervista al cardinale Walter Kasper DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

9 Ottobre 2007

C’è un “ecumenismo dei vertici” che è scandito dai grandi incontri e dalle relazioni fra le Chiese. E c’è un “ecumenismo della base” dove ciascun cristiano gioca un suo ruolo nel cammino verso la piena comunione. I due percorsi si intrecciano e il cardinale Walter Kasper che ha coniato le definizioni ne parla come di due facce inscindibili della stessa medaglia. La redazione di SIR Europa lo ha incontrato per fare il punto sul dialogo ecumenico che ha nella Terza assemblea ecumenica europea (Sibiu, Romania 4-9 settembre) l’appuntamento clou del 2007.

a cura di Sir Europa

Qual è l’importanza della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani?
Si tratta del cuore del nostro lavoro ecumenico. Senza l’opera dello Spirito Santo l’impegno per la piena comunione dei cristiani sarebbe sterile. Quando Gesù ha detto affinché tutti siano una sola cosa, non intendeva lasciarci un comandamento ma invitarci alla preghiera. E in questa settimana vogliamo unirci a questa preghiera del Signore.

L’ecumenismo parte, quindi, anche dal basso?
Certamente, è molto importante non coinvolgere soltanto i vertici ma raggiungere anche la base. Ad esempio, con la Chiesa greca ci sono scambi proficui grazie ai quali è stato possibile far venire a Roma venti parroci ortodossi e permettere a venti sacerdoti cattolici di recarsi ad Atene. Si tratta un rapporto che trascina le comunità.

Nel 2006 sono stati compiuti notevoli passi avanti nel cammino ecumenico… Sicuramente. Prima di tutto è stato ripreso il dialogo internazionale con tutte le Chiese ortodosse. Quindi c’è stata la visita del Papa in Turchia segnata dall’incontro con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I ad Istanbul. Poi c’è stata la visita a Roma dell’arcivescovo di Atene Christodoulos che è stata veramente un evento storico. E, inoltre, abbiamo fatto passi in avanti anche nel dialogo con le Chiese della Riforma con la visita in Vaticano dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams. È stato veramente un anno molto ricco e ne siamo grati al Signore.

Quali sono i rapporti con le Chiese d’Oriente?
Con le Chiese d’Oriente siamo vicini nella fede; i sacramenti sono gli stessi; abbiamo una struttura episcopale simile. Ma ci sono differenze anche dogmatiche sul ministero petrino e difformità di cultura e di mentalità. Perciò serve pazienza. Ma il percorso prosegue e sono convinto che si potrà raggiungere l’unità perfetta.

Con le Chiese riformate ci sono anche divergenze di natura etica…
Questo è un nuovo elemento. Finora non avevamo avuto queste differenze perché c’era una visione d’intenti data per implicito. Adesso crescono i dissensi su temi come l’omosessualità, il divorzio o l’eutanasia. Siamo un po’ rattristati di questo fatto, ma dobbiamo prendere atto della nuova la realtà. Comunque dentro le Chiese protestanti sono presenti importanti gruppi con cui è possibile collaborare in modo fattivo.

Il cammino ecumenico può favorire la costruzione della pace?
Sicuramente. Nel mondo molti conflitti hanno una falsa motivazione religiosa. Occorre superare questo scoglio. E c’è bisogno di dimostrare che la riconciliazione è possibile dopo le crisi e i conflitti. In questo senso i cristiani hanno un ruolo essenziale perché devono essere i primi a dare questa testimonianza. Non solo. La voce della Chiesa diventa può forte quando parliamo insieme.

L’Ue guarda ad Est. Il processo di allargamento può favorire il cammino ecumenico?
Non c’è dubbio. In passato la politica ci ha diviso; adesso ci sta aiutando. L’integrazione dei Paesi dell’Est nella Comunità europea è per loro un aprirsi verso l’Occidente. E noi dobbiamo aprirci verso l’Oriente. Come ha detto Giovanni Paolo II, l’ecumenismo è uno scambio di doni e non un percorso a senso unico.

C’è da fare i conti anche con la secolarizzazione del Vecchio Continente…
In Europa la tendenza alla secolarizzazione è preoccupante. Ed è causata anche dalla divisione dei cristiani. Perciò i cristiani sono chiamati a dare comune testimonianza sulle radici cristiane dell’Europa. L’Europa non può sopravvivere soltanto su basi economiche, ma ha bisogno dei valori cristiani che l’hanno plasmata nel corso dei secoli.