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Intervista a monsignor Severino Pagani, delegato arcivescovile per la Pastorale giovanile PER I GIOVANI OCCORRONO ESPERIENZE SIGNIFICATIVE

8 Settembre 2006

La Chiesa di Milano può fare molto per accompagnare adolescenti e giovani in un cammino di educazione all’amore, per questo è importante offrire loro esperienze significative per la vita.

di Luisa Bove

«Il nuovo Percorso pastorale mette al centro la famiglia, ma non si tratta di una trattazione sulla famiglia chiusa in se stessa», spiega monsignor Severino Pagani, delegato arcivescovile per la Pastorale giovanile, «è per questo che, a partire dal titolo dell’itinerario triennale, l’attenzione è data all’amore».

«La realtà dell’amore che trova nella famiglia una sua prima consistenza», continua Pagani, «è però molto più ampia e intercetta i giovani in dimensioni diversificate ed evolutive. Non riguarda quindi solo la vita in famiglia, ma come i giovani ricevono l’amore, come lo educano e come lo diffondono. È la prospettiva dell’amore allargato e non semplicemente di una concezione familistica, nel senso di “tutto famiglia e basta”, perché altrimenti i giovani si sentono morire.

In concreto come sarà il cammino per i giovani?
Il Percorso pastorale è distribuito su tre anni, quindi saggiamente si vuole che all’interno del cammino ci sia un’evoluzione. Il primo anno i giovani cercheranno di capire che cos’è l’amore (il testo di catechesi per loro si intitola infatti “Il racconto dell’amore”, ndr). A partire dall’origine, quindi dal cuore di Dio, si tratta di un amore ricevuto e di un amore donato: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio» (1 Gv 4,10).

E nei prossimi anni?
Il secondo anno sarà dedicato a come comunicare l’amore, che per i giovani vuol dire come educarsi. Quindi saranno da privilegiare quei percorsi educativi che conducono a capire l’amicizia, la relazione di gruppo, familiare… Questo sarà un anno decisivo per loro. Il terzo riguarderà la diffusione in famiglia, nei gruppi, nella società e nei diversi ambienti di vita dell’amore educato.

L’Arcivescovo parla di “universale vocazione” facendo riferimento sia al matrimonio che alla verginità. Per i giovani di oggi questi sono ancora valori? Come trasmettere loro la bellezza di una chiamata?
I giovani hanno bisogno di sperimentare ed essere confermati in una grande capacità di amare. È necessario offrire loro queste esperienze. Nella misura in cui l’esperienza dell’amore è molto coinvolgente e molto impegnata, ma anche accompagnata da ciò che sorregge l’amore (la rettitudine di intenzione, la buona volontà, la conoscenza della parola, la preghiera…), un giovane può legittimamente capire se è fatto per una relazione di coppia attraverso la quale amare tutti, quindi anche il Signore, oppure se è più portato a una relazione con Dio a tal punto da unificare intorno al suo amore la passione per il Regno e quindi la passione per gli uomini. Dove c’è povertà di relazioni, di amore, di preghiera e di impegno c’è anche povertà di vocazioni, non solo alla vita consacrata, ma anche familiare. L’idea è che bisogna potenziare esperienze autentiche e significative di amore, perché sono la scuola migliore per tutte le vocazioni.

Tra gli aspetti importanti da curare per i giovani il cardinal Tettamanzi ricorda l’incontro con Gesù, il dialogo in famiglia, i percorsi educativi e la partecipazione alla vita della comunità…
I percorsi dell’amore devono essere convergenti. La saggezza della proposta consiste proprio nel non privilegiare un aspetto solo, puntando tutto solo sulla famiglia e dimenticando la scuola, oppure tutto sulla scuola e lasciando perdere la comunità. Ma esattamente come in ogni organismo la crescita deve essere armonica e convergente: nella misura in cui un ragazzo prega è anche capace di dialogare, nella misura in cui dialoga bene si impegna anche a scuola, nella misura in cui si impegna a scuola è anche capace di amicizie… Io suggerirei percorsi convergenti e in questa prospettiva trovo necessario non chiudersi in se stessi, non puntare al minimo, avere una profonda fiducia nel futuro e costruire relazioni libere, pulite e numerose.

Nella vita di relazione a volte gli adolescenti “bruciano” le tappe e i giovani si imbarcano in progetti senza durata. Che cosa deve fare una Chiesa che si dice “madre e maestra”?
Per gli adolescenti la Chiesa può fare molto. Tante volte gli adolescenti bruciano le tappe perché non trovano a livello intermedio esperienze significative per loro. Al di là della cultura che spinge in questo senso, a volte l’adolescente si mette in coppia perché non trova esperienze significative. Per questo bisogna tornare a costituire i gruppi adolescenti, organizzare incontri di preghiera, di studio, di vita comune… così che la tensione affettiva e amicale dell’adolescente non arrivi immediatamente a chiudersi in una relazione di coppia che si brucia in un attimo, che diventa difficile da superare e crea incertezza sulle relazioni future.

E rispetto ai giovani?
Bisogna senz’altro garantire anche a loro il futuro e credo che una grande responsabilità oggi per l’educazione dei giovani va ricercata anche in campo politico, economico, nel mondo del lavoro, nei progetti di studio… Tanti giovani infatti si richiudono in dimensioni affettive o sessuali perché intorno a loro non trovano grandi progettualità.