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Inaugurato l’anno di celebrazioni per il 50° della morte DON CARLO GNOCCHI, GIGANTE DELLA CARITÀ

Sabato 25 febbraio alle 11, il cardinale Dionigi Tettamanzi presiederà la celebrazione in Duomo del 50° anniversario della morte di don Gnocchi. Sarà presente anche Domenico Antonino, il mutilatino che al termine dei funerali del 1956, nel Duomo di Milano, si congedò dal sacerdote ambrosiano con queste parole: «Prima ti dicevo: "Ciao don Carlo". Adesso ti dico: "Ciao san Carlo"». Al termine della funzione alcuni ragazzi, ospiti dei Centri, sul sagrato faranno volare dei palloncini con alcuni pensieri dedicati al futuro santo.

5 Giugno 2008

Con una conferenza stampa al centro "S. Maria Nascente" si è annunciata l’apertura dell’anno di celebrazioni per il 50° della morte di don Carlo Gnocchi

di Luisa Bove

In occasione del 50° della morte di don Carlo Gnocchi parla Silvio Colagrande che nel 1956 ricevette in dono le cornee del “papà” dei mutilatini. Aveva 12 anni quando Cesare Galeazzi, direttore dell’Oftalmico di Milano, lo operò. Il chirurgo aveva infatti dovuto promettere a don Carlo che alla sua morte, gli avrebbe espiantato le cornee per dare la vista a due “suoi” ragazzi. E così fu: insieme a Silvio fu operata la diciassettenne Amabile Battistello. Da allora la loro vita è cambiata.

Oggi Colagrande è direttore del Centro “Santa Maria alla Rotonda” di Inverigo («dove ci sono ancora moltissimi segni della presenza di don Gnocchi») e ricorda ancora quando le famiglie accoglievano i ragazzi nelle loro case. «Don Carlo», dice, «attribuiva un significato religioso alla carità, non faceva dell’attivismo». E aggiunge: «La società non ha ancora capito come va vissuto il senso della sofferenza».

Altrettanto toccante la testimonianza di Luisa Arnaboldi, oggi presidente dell’Associazione “Ex allievi” della Fondazione Don Gnocchi. Da bambina le avevano detto che non avrebbe più camminato. «In quinta elementare», racconta, «ero stata accettata a scuola perché una maestra aveva saputo del mio caso e mi disse che se trovavo qualcuno mi portava fino in classe mi avrebbe accettato». E così è avvenuto. Ma cosa sarebbe stato di lei negli anni successivi?

Nel 1954, mentre era in una trattoria ad aiutare i compagni nei compiti, Luisa ha visto alla tv il presidente della Repubblica Gronchi. «Ho pensato di scrivergli», dice Arnaboldi, «dicendogli che volevo studiare, ma che la mia famiglia non poteva aiutarmi». Il capo dello Stato non le rispose, ma le mandò don Renato Pozzoli. Così Luisa poté entrare in un centro, nonostante fosse considerata “irrecuperabile”.

Un mese dopo fu accompagnata da don Carlo Gnocchi. «È l’ultimo acquisto», dissero, presentandola al sacerdote. La donna ricorda ancora i suoi occhi azzurri, profondi, e ciò che le assicurò: «Ce la farai». «Su quelle parole ho fissato tutta la mia vita», ammette oggi. Luisa ce l’ha fatta, si è sposata, ha fatto il consigliere comunale e ora vive con grande riconoscenza per ciò che ha ricevuto, dedicando molto tempo all’Associazione.

Testimonianze come la sua ne esistono tante. Basta pensare a Domenico Antonino, il mutilatino che al termine dei funerali di don Gnocchi, nel Duomo di Milano, si congedò dal sacerdote ambrosiano con queste parole: «Prima ti dicevo: “Ciao don Carlo”. Adesso ti dico: “Ciao san Carlo”». Sarà in Duomo anche sabato 25 febbraio alle 11, quando il cardinale Dionigi Tettamanzi presiederà la celebrazione del 50° anniversario. Al termine della funzione alcuni ragazzi, ospiti dei Centri, sul sagrato faranno volare dei palloncini con alcuni pensieri dedicati al futuro santo.

Intanto procede il processo per la beatificazione: la commissione medica sta verificando il miracolo. A salvarsi, dopo aver invocato la Madonna e don Carlo, è un uomo colpito da una scarica elettrica di 15 mila volt. I tempi della Santa Sede non si conoscono, dice monsignor Ennio Apeciti, responsabile delle Cause dei santi della diocesi di Milano. «La fase romana del processo è molto severa», spiega, «dopo il parere dei medici, segue quello dei teologi, dei cardinali e infine del Papa».