«Quando è caduto il campanile la nostra campana ha suonato un’ultima volta… Mi viene ancora la pelle d’oca, come a dire: Vi saluto!», racconta una donna mantovana a proposito del terremoto del 20 e 29 maggio, che oltre all’Emilia ha duramente colpito città e paesi di Lombardia e Veneto.
In Arcivescovado a Milano don Davide Milani, responsabile dellUfficio diocesano Comunicazioni sociali, ha presentato la raccolta fondi “Le nostre chiese, la storia di tutti”, che aiuterà la ricostruzione con il sostegno delle altre diocesi lombarde, il finanziamento di Caritas Ambrosiana e dell’Associazione Cattolica Esercenti Cinema in collaborazione con Trenord (sui cui schermi andranno in onda gli spot appositamente realizzati).
Sono intervenuti all’incontro monsignor Roberto Busti (vescovo di Mantova, originario della nostra diocesi e già portavoce del cardinale Martini), Giovanni Rodelli (economo della diocesi mantovana), Philippe Daverio (appassionato critico d’arte) e Carlo Maccari (sub commissario al terremoto per la Regione Lombardia).
A poco più di un mese dal Natale, c’è chi sa già che non avrà disponibile la sua chiesa per celebrarlo. La circostanza, che non tocca solo i credenti, è stata presentata pacatamente, ma risolutamente da monsignor Busti, che ha raccontato lo sconforto di tanti parrocchiani colpiti dal sisma – il primo dopo quattro secoli – proprio durante una visita pastorale che inaugurava edifici appena restaurati; ma ha parlato anche degli esempi di fede di chi ringraziava Dio per avere tenuto le scosse lontane dalle celebrazioni del mattino (che avrebbero mietuto vittime tra i bambini alle Comunioni e Cresime) e aver fatto riscoprire i vincoli di solidarietà fraterna.
Per abitazioni, luoghi di lavoro e scuole si stanno muovendo lo Stato e le istituzioni. Per le chiese la situazione è diversa e drammatica, e per questo le diocesi si stanno dando da fare. Perdere una chiesa non è perdere solo il simbolo fisico della fede, ma anche un luogo di identità della comunità. Da qui è nata la necessità di una raccolta fondi, per evitare che questi luoghi di aggregazione, festa e preghiera – oltre che patrimonio culturale e artistico dell’intero Paese – per mancanza di soldi rimangano abbandonati per decenni. «Certo, prima bisogna recuperare le case, perché sono la cosa più importante. E proprio per questo nella casa di tutti che è la Chiesa ci s’incontra, lì tutti riescono a dire quelle cose che forse non si riescono a dire in un altro luogo. Lì tutti si raccolgono per ritrovare quella serenità e quella pace che poi, uscendo, costituisce anche la vita di una città, la civiltà di un paese».
Maccari ha ricordato come ben 14 Comuni sui 51 lesi dal terremoto siano mantovani (tra cui Moglia è il terzo in assoluto per lesioni), con oltre 3 mila sfollati e gravi danni economici (la maggioranza delle forme di Grana Padano e Parmigiano Reggiano rovinate), mentre dopo quattro provvedimenti di legge finalmente si sta chiarendo l’orizzonte finanziario statale di supporto.
Daverio ha apprezzato l’iniziativa, invitando ad andare oltre la semplice raccolta fondi per sfruttare la situazione e superare «l’enorme vuoto intellettuale» in cui versa il nostro panorama culturale («Palazzo Ducale è vuoto e in attesa di destinazione dal 1630…»), allargando l’attenzione alla sua campagna “Save Italy”, «scommessa nascosta sotto la disgrazia» che potrebbe contare sull’entusiasmo e la passione di tanti giovani.
Rodelli è infine sceso più nei dettagli della situazione: a Mantova e provincia il terremoto ha colpito 129 edifici di culto su 302, il 42% del totale in diocesi. Ancora oggi 83 chiese sono inagibili: tra esse, si calcola che una cinquantina abbiano bisogno da 500 mila a 5 milioni di euro per tornare alla normalità, rimanendo quindi con tutta probabilità chiuse per anni. Anche per questo la Diocesi di Milano ha scelto di aiutare la Chiesa sorella.