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In Camerun sta nascendo una nuova comunità cristiana

Alla periferia di Garoua sta sorgendo un nuovo quartiere e la parrocchia St. Jean-Marie Vianney retta da don Alberto Dell'Acqua

3 Marzo 2011

«Un nuovo quartiere, una nuova comunità». È questo il quarto e ultimo progetto (gli altri li abbiamo già presentati) suggerito da Caritas Ambrosiana e Ufficio diocesano per la Pastorale missionaria per vivere la Quaresima di fraternità 2011. Con 30 mila euro infatti sarà possibile sostenere la nascita di un quartiere di Garoua e la futura parrocchia intitolata al santo curato d’Ars.
Il Camerun è il paese africano più variegato dal punto di vista naturale e culturale, grande una volta e mezza l’Italia, ospita più di 250 gruppi etnici che parlano centinaia di lingue differenti, mentre cristianesimo e islam convivono con i culti animisti senza gli eccessi che si registrano in altre parti del mondo. A nord la città principale è appunto Garoua, che conta circa 350 mila abitanti, ma è ancora in grande espansione. In particolare a Nord-ovest sta nascendo il quartiere Ngalbidje, dove però manca una diffusione capillare dei servizi principali come luce e acqua. Nella zona si stanno già trasferendo persone che arrivano da contesti molto diversi, dai quartieri centrali, dai villaggi e dalle altre città.
«Ngalbidje è un quartiere periferico – dice la volontaria Alessia Stradella -, e se non si crea adeguatamente una comunità, rischia probabilmente di perdersi e di rimanere isolato rispetto al contesto cittadino».
«Garoua è una città amministrativa – dice don Daniele Bai, parroco di St. Charles Lwanga -, quindi ci sono molti uffici, delegazioni, ministeri… con tanti funzionari ma anche persone di una fascia più povera». Gli abitanti sono impegnati essenzialmente nei settori dei servizi, del commercio e dell’industria per la lavorazione del cotone.
La vicinanza tra la diocesi di Milano e la diocesi di Garoua dura da oltre 20 anni, grazie alla presenza di sacerdoti “fidei donum”. «Penso che il nostro primo impegno», continua don Daniele, «sia quello di creare comunità cristiane, perché nel nord del Camerun molti hanno bisogno di identificarvisi, ma anche di realizzare le strutture necessarie per la vita delle persone».
Per questo il Vescovo di Garoua ha chiesto a don Alberto Dell’Acqua di lasciare la parrocchia di St. Charle a Djamboutou e di aprirne una nuova a Ngalbidje. Sul territorio della futura parrocchia St. Jean-Marie Vianney ci sono già molte scuole, ma sorgerà anche un’università. «Per questo uno dei progetti che abbiamo già inviato anche all’ufficio missionario – dice don Alberto – prevede di accogliere insieme a due preti della diocesi di Milano, anche una famiglia o un laico per aiutarci a sviluppare maggiormente una presenza pastorale per i giovani, anche nelle scuole, creando una specie di cappellania».
In effetti in Camerun la maggioranza degli abitanti sono giovani al di sotto dei 25 anni. «Noi siamo abituati a vedere immagini di tanti bambini che corrono, di tanti giovani… questa è davvero la realtà del Camerun» dice il parroco. Non stupisce quindi che «uno degli aspetti più importanti della nostra attività pastorale, sia proprio quella dell’educazione».
Ma per realizzare tutto questo occorrono anche le strutture adatte che diventeranno le fondamenta per la nascita di una nuova comunità e per la formazione delle giovani generazioni. Il progetto suggerito per la Quaresima di fraternità riguarda in particolare la costruzione di due uffici parrocchiali e un locale di accoglienza che faranno parte del presbiterio, oltre a una pompa che permetterà alla parrocchia di ricevere l’acqua