A gruppi, insieme, con il parroco che li guida, da soli, con il vestiario casual della semplicità o la Veste indossata per la Celebrazione, con la bandana fatta con il foulard dei pellegrini perché sono degli adolescenti, con il desiderio di “toccare con mano” «tutto quello che finora abbiamo visto solo in televisione». Oppure, purtroppo, costretti su una carrozzina o accompagnati perché anziani e malati.
Quando il grande “popolo” dei pellegrini, si disperde in mille rivoli e fiumi di gente, tra il Porticato, le Porte fino a via della Conciliazione, la gioia e la certezza sono quelle di aver assistito – «no, vissuto», si corregge subito una giovane di Milano «un evento che non dimenticheremo».
Certo, non lo dimenticheranno i quattordicenni e i loro compagni più piccoli e più grandi che, come alunni dell’Istituto scolastico milanese intitolato proprio a Giovanni Battista Montini, sono in piazza San Pietro, tenuti a stento a bada da genitori e insegnanti. Quattrocento persone in tutto, che in cooperativa gestiscono e tengono viva la scuola che amano e vogliono per i loro figli e nipoti e che sono qui «per dire “ci siamo”», come spiega un papà, per il quale Paolo VI è stato «il Pontefice della mia prima giovinezza e, seppure non ’mediatico’ e comunicativo come Giovanni Paolo II e, oggi, Francesco, è rimasto nel mio ricordo per sempre».
Dalla Brusuglio di manzoniana memoria sono invece arrivate un gruppo di fedeli, tra cui Teresa: età giusta per ricordare anche il Montini arcivescovo di Milano, ma «spirito – ci tiene a precisare – della ragazza di ieri, quando si è deciso di partecipare alla Beatificazione. Aspettavo da tanto questo momento e mi sono preparata con la rinnovata lettura dei suoi scritti». «Per me – conclude – è un padre santo e santo lo faranno».
Don Marco Galli, parroco di Pozzo d’Adda si ferma volentieri con i suoi fedeli per sottolineare: “È molto bello aver potuto pregare con Paolo VI anche perché si tratta di una figura che ha segnato la storia della Chiesa in un momento di travaglio. Credo che, per arrivare a una fede matura, come ci ha chiesto il cardinale Scola, occorra guardare a uomini di fede come fu il nuovo Beato».
«Ricordo – racconta Anna – che quando Montini è giunto nella nostra parrocchia per la Cresima c’erano tanti bambini e ragazzi: noi, insomma, i cresimandi di tanti decenni fa. Ho ancora in mente l’affetto paterno con cui si rivolse ai più timidi e timorosi. Poi, anni dopo, l’ho rivisto allorché con l’Azione Cattolica andammo in pellegrinaggio da papa Giovanni XXIII. A casa conservo una grande fotografia di quel giorno. Come potevo non essere qui?».
E c’è anche chi non può dirsi del tutto sereno, pur in questi momenti di gioia, come un ex carrozziere ora disoccupato. La domanda sulla bellezza della Beatificazione non è facile di fronte a chi vive il dramma della crisi sulla propria pelle. La risposta immediata, spiazza e commuove. «Magari, pregando Paolo VI, le cose miglioreranno e torneranno a essere buone. Lo dico soprattutto per i giovani, ma anche noi di mezza età non abbiamo smesso di sperare in un domani migliore che, sono convinto, arriverà».
E, infine, si incontrano anche i seminaristi, tra cui quelli che il Papa lo hanno visto proprio da vicino, sull’altare, nel loro ruolo, per un giorno, di ministranti e sopratutto assistenti di Francesco. Marco Ferrari, IV teologia, testimonia già nel sorriso la gioia di averlo potuto «abbracciare fraternamente. Gli abbiamo consegnato – continua – l’immagine della nostra classe scelta per il Ministero dell’Accolitato che riceveremo a novembre, chiedendo di pregare per noi. Ci ha assicurato che non si dimenticherà». gli fanno eco i diaconi Marco Cazzaniga e Giuseppe Cadonà, quest’ultimo assistente del Papa. «Noi che diventeremo preti il 13 giugno prossimo, abbiamo potuto offrire il nostro motto e la preghiera per l’Ordinazione anche al Papa emerito, domandando di accompagnarci al dono del presbiterato. Vedere papa Francesco nella sua gioia di testimone durante l’omelia parlando di Paolo VI con autenticità e semplicità mi ha colpito davvero».
Sono ormai quasi due ore che è terminata la Celebrazione, ma ancora ci si saluta tra gli ambrosiani,per strada – sì perché anche i giornalisti sono pellegrini -, con amicizia, con simpatia, riconoscendosi dai “fazzoletti rossi”, con quella amicizia fraterna che l’Arcivescovo ha chiesto a tutti, come uno dei frutti belli di questa Beatificazione.