Milano e le sue periferie, la periferia e il cuore dell’uomo: è il centro del discorso di Sant’Ambrogio rivolto dal Cardinale Dionigi Tettamanzi alla città, alle autorità ma anche alle rappresentanze regionali e delle comunità straniere immigrate in questi anni nel capoluogo lombardo. I quotidiani, che hanno riferito dell’incontro in basilica, quasi in coro, hanno sottolineato questo tema delicato. Esso riguarda la qualità della vita.
di Sergio Borsi
Scrive Giorgio Bernardelli su Avvenire che “la questione delle periferie di Milano non si risolve solo premendo l’acceleratore sui doverosi interventi urbanistici e sociali. Perché è un problema che chiama in gioco anche qualcosa di più. Spinge a interrogarsi su quale sia il vero centro delle nostre città e nella vita delle persone che le abitano”. Significativo il titolo: “Milano, ritrova un centro per riscattare le sue periferie”.
Dialogante ma anche con qualche passaggio critico il commento di Salvatore Carrubba su Il Sole-24 Ore. Condividendo il tema proposto, quello delle periferie “che certo non è tipico di Milano ma attiene alla condizione stessa della vita metropolitana”, l’ex assessore alla Cultura della Giunta Albertini non è invece convinto della “tradizionale condanna del modello consumistico che rappresenta pur sempre la prospettiva di riscatto e di sviluppo per milioni di poveri nel mondo”. E’ invece difficile sfuggire alla tentazione di una lettura “laica” della raccomandazione centrale dell’Arcivescovo di Milano: quella di “recuperare la dimensione dell’interiorità con la sua valenza civile; la capacità, cioè, di una riflessione disancorata dalle pressioni dell’interesse specifico e immediato e capace di interrogarsi sul futuro. E’ paradossale – conclude Carrubba – che “sia un principe della Chiesa a sollecitare un impegno che era sempre stato l’orgoglio della migliore Milano civile e laica”. Quindi è giusto – come ha dichiarato ai giornalisti il sindaco Moratti dopo la cerimonia – che “è un discorso che mi piacerebbe tenere sulla mia scrivania per rileggere e capire il senso più profondo della responsabilità di amministrare una città”.
Anche Marco Garzonio, sul Corriere della sera, commenta il discorso del Cardinale, “discorso alto, certo, ma rivolto a contenuti molti concreti: ghetti di immigrati, periferie, giovani, nuove culture, lavoro, casa. Difficile dire: non mi riguarda”. Sullo stesso giornale Gian Guido Vecchi intervista il filosofo Giovanni Reale il quale, fra l’altro, dice: “Il cardinale Tettamanzi richiama il concetto, oggi dimenticato, di persona. Il cittadino è una persona. E la persona non è tale, non è ‘io’ se non ha un rapporto con il ‘tu’, con l’altro. Anzi, il rapporto è triangolare, con il ‘tu’ minuscolo e con un altro ‘Tu’, quello maiuscolo….Un’identità che non si apre all’altro non è un’identità autentica. L’identità è una costruzione, come l’amore non è mai stabile e si conquista con il confronto continuo con l’altro”. Alla domanda: che ne dice delle periferie, Reale risponde così: “A parte quelle metaforiche basta vedere quelle reali: costruite nel disordine, anche strutturale, in base alla sola idea di funzionalità, Pure a questo bisogna pensare: l’uomo, l’uomo interiore ha bisogno della bellezza”.
Zita Dazzi su la Repubblica, riassumendo la cerimonia in basilica e il messaggio del Cardinale Tettamanzi alla città scrive: “Anche quest’anno l’arcivescovo ha tuonato contro il degrado urbano e morale della città. Al centro dell’intervento – un discorso politico rivolto agli amministratori, com’è tradizione – molti i riferimenti all’attualità, dall’immigrazione al bullismo, dall’Expo 2015 agli stupri, dal consumismo alla pericolosa contrapposizione di identità, culture, religioni”. In un’intervista al sociologo Aldo Bonomi, lo stesso giornale si sofferma sul tema delle periferie e Bonomi dice che “si è rotto il rapporto fra centro e periferia, rapporto che non presuppone affatto che centro sia buono e periferia cattiva. Il rapporto si è rotto perché questa è la società dell’individualismo compiuto, in cui si è persa la capacità di stare con gli altri”. Ancora Bonomi: “Il cardinale non fa un discorso territoriale, non ci dice che il disagio è in questo o quel quartiere. Teme una periferia che è ovunque e in nessun luogo, che esiste ogni volta che gli immigrati finiscono in spazi inadeguati”.
Anche Susanna Marzolla, su La Stampa, propone il conflitto fra il centro, segno dell’opulenza, e l’altra Milano, “di periferie, di solitudine, di egoismi, di disperazione; ma anche di solidarietà e di impegno sociale”. Riprendendo il tema del messaggio, il giornale osserva che “il cardinale intende le periferie non solo e non tanto come luogo geografico ma come allontanamento, emarginazione, isolamento dover prevalgono la solitudine e la paura”.
Il Giornale riassume il discorso del cardinale con un titolo significativo: “Bullismo, riqualificare le periferie non basta” mentre Giorgio Acquaviva su Il Giorno scrive che l’arcivescovo ha proposto “un viaggio che dalla periferia giunga al cuore della metropoli, ma anche un viaggio dalla periferia della persona alla ricerca del proprio cuore perché la riscoperta dell’identità non si giochi contro, bensì con gli altri”. Infine Libero titola, il suo breve servizio, “Tettamanzi: più attenzione alle periferie”.