Le porte della chiesa di San Gaetano, si aprono per l’ingresso del cardinale Scola che arriva ad Abbiategrasso, circondato da tantissima gente – in prima fila i più piccoli e i ragazzi – per presiedere il rito della Dedicazione appunto di San Gaetano. Chiesa degli anni ’50, divenuta con il tempo fatiscente e che è stata recuperata con un intelligente intervento di restauro e progettazione dall’architetto Sandro Rondena. Un complesso nato accanto all’oratorio e per questo, da sempre, luogo privilegiato di formazione ed educazione dei giovani e che, da oggi, torna a coniugare la bellezza della casa di Dio con la funzionalità delle strutture create dall’uomo.
Le parole di benvenuto, lette da una bimba – ad accogliere l’Arcivescovo ci sono anche le autorità civili e militari, con il sindaco di Abbiategrasso, Pierluigi Arrara –, i palloncini che volano verso un cielo grigio e autunnale, il saluto ai chierichetti schierati e la processione nella Chiesa ormai gremita, danno avvio all’incontro con questa comunità in festa: sono molti i fedeli che affollano anche un sottostante salone collegato. Una comunità di pietre vive, quella abbbiatense, alla cui gioia si unisce spiritualmente papa Francesco, che invia un telegramma con la benedizione apostolica.
“La Comunità pastorale di San Carlo Borromeo è davvero lieta di accoglierla per un’occasione così importante”, dice il responsabile, monsignor Paolo Masperi, che ricorda anche la figura don Fausto Tuissi, cappellano a Malgrate e formatore .di generazioni di giovani, tra cui l’oggi Arcivescovo di Milano.
“Con questa visita, Eminenza, ella conosce la nostra realtà e, consacrando la Chiesa, si rafforza il rapporto tra lei e noi che vogliamo donarci come Chiesa spesa per il mondo dei fratelli”, conclude monsignor Masperi.
La consegna della chiesa al Vescovo – dopo oltre due anni di lavori –, la presentazione delle chiavi al Cardinale che subito dopo percorre la navata per benedire e aspergere il popolo in ricordo del battesimo e l’inaugurazione dell’ambone, precedono, in questa liturgia solenne di Dedicazione, la riflessione nell’omelia. I pallidi raggi di sole che finalmente attraversano i colori e le immagini delle belle vetrate disegnate da monsignor Domenico Sguaitamatti – tra i concelebranti e che in San Gaetano ha maturato la sua vocazione – paiono il simbolo chiaro della presenza del Signore.
«In questa bella chiesa, resa nuova dalla prospettiva di luce e interamente ripensata, siamo convenuti per celebrare l’Eucaristia, in cui ritroviamo l’imponenza e la potenza di Dio nella nostra vita», scandisce l’Arcivescovo.
Da questa prima sottolineatura, subito una seconda: «il tempio fatto di mura, di luci e di colori, è il luogo che contiene il vero tempio, noi. Tempio che è fondato da Cristo e che ci fa familiari di Dio».
Una fraternità che, con la morte e la risurrezione di Gesù, diviene la Chiesa come “nuova parentela” più forte anche di quella del sangue. Un’ “appartenenza vitale dove la Chiesa è madre”, per usare l’espressione di papa Francesco quando afferma che non si appartiene alla Chiesa come “si appartiene a un partito o a un’organizzazione”, ma le si appartiene come a una madre.
«Se noi viviamo veramente l’essere Chiesa, il nostro modo di partecipare all’eucaristia modella il quotidiano, negli affetti, nel lavoro, nel riposo», spiega il Cardinale che aggiunge, «nella condivisione del bisogno, specie in questa epoca di crisi, nello sforzo di integrazione degli immigrati che qui provengono da 55 nazionalità diverse, nella costruzione di una città più giusta, occorre fare passare quotidianamente il Signore eucaristico. Chiediamoci che peso ha Cristo nel nostro modo di lavorare, di riposare, di vivere gli affetti».
E se la tensione a vivere con, per e in Gesù rinnova la nostra vita occorre essere consapevoli che essa è anzitutto un dono, di cui ci rendiamo consapevoli se guardiamo a Gesù come fece Zaccheo. «Gesù presente tra noi ci dà forza e gioia nelle fatiche del lavoro che non si trova, nel dolore dei nostri peccati, nella malattia e nella perdita dei nostri cari. È lo sguardo di Cristo, molto prima dei nostri sforzi, che produce amore, perché ci precede, ci insegna a perdonare, a vivere la comunità cristiana con serenità. Siamo poco gioiosi perché ci facciamo toccare poco da questo sguardo amorevole».
Poi, le litanie dei Santi, la preghiera di Dedicazione, l’unzione dell’altare e delle pareti della chiesa, l’incensazione, la tovaglia che viene posta sull’altare a simbolo della mensa, e l’illuminazione dell’intera San Gaetano che sembra brillare ancor di più in una sinfonia di luce e di liturgia.
Lo nota, in conclusione, prima dell’abbraccio della gente e dell’incontro con i sacerdoti del Decanato, il Cardinale, che lasciando in dono una sua Casula, in segno di unità con i sacerdoti di Abbiategrasso, torna a sottolineare: «Tenete a cuore la tradizione educativa che ha caratterizzato questa chiesa. L’oratorio ha un ruolo generativo nelle nostre comunità e anche se viviamo in una società plurale in cui essere rispettosi di tutto e tutti, occorre crescere. E, dunque, cambiare: nell’oratorio si deve trovare uno spazio non solo per i ragazzi, ma un luogo dove ciascuno può scoprire un nuovo stile di riposo, quello che indico nella Lettera pastorale, che è un ritrovare il rapporto verticale con il Signore».