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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Genova

I Vescovi italiani: sintonia col Papa
su migranti, “ponti” e famiglia

L'accoglienza ai profughi, la necessità di “creare ponti” di dialogo e la salvaguardia della famiglia i tre punti su cui il cardinale Angelo Bagnasco ha articolato la prolusione di apertura del Consiglio della Cei, in sintonia con il magistero di Papa Francesco, che a maggio aprirà l'assemblea dei vescovi.

di Maria Michela NICOLAIS

15 Marzo 2016

Il Papa aprirà a maggio l’assemblea generale dei Vescovi italiani. A darne l’annuncio, che rinnova una consuetudine e conferma una speciale sintonia, è stato il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, aprendo i lavori del Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso nel capoluogo ligure che dal 15 al 18 settembre ospiterà il Congresso eucaristico nazionale. L’accoglienza ai profughi, la necessità di “creare ponti” di dialogo e la salvaguardia della famiglia i tre punti su cui Bagnasco ha articolato la prolusione, in perfetto contrappunto con il magistero di Bergoglio.

Il presidente della Cei apre il “parlamentino” dei vescovi con il punto più scottante dell’agenda del mondo: «Dall’inizio del 2015 sono morte 4.200 persone, di cui 330 bambini solo nel Mar Egeo». «Che spettacolo dà di sé l’Europa?», la domanda che suona come un’accusa. «Il nostro Paese è sempre stato in prima linea» nell’accoglienza dei profughi. «La Chiesa italiana continua a portare il proprio contributo attraverso parrocchie, istituti religiosi, organizzazioni come le Caritas diocesane e gli Uffici per i migranti». Gli immigrati accolti dalla Chiesa nel nostro Paese sono 45 mila, «compresi quanti in questi giorni arrivano a noi attraverso i corridoi umanitari», ma ora «si impone la fase dei processi di vera integrazione, processi che richiedono onestà, tempi rapidi, regole, buona volontà e fiducia da parte di tutti».

Oggi c’è una «specie di bolla», un «clima che tutti respiriamo e che vuole cambiare le categorie elementari dell’umano». «Questo clima, aggressivo nei confronti di chi la pensa diversamente, esalta a gran voce democrazia e libertà, ma a condizione che nessuno esca dalle righe stabilite», l’analisi del presidente della Cei: di qui l’attualità del recente Convegno ecclesiale di Firenze e della lezione dello storico discorso del Papa.

Affrontando la questione degli abusi sui minori, Bagnasco ricorda che «i Vescovi italiani sono stati tra i primi a mettere in essere con rigore le indicazioni della Santa Sede in ordine all’accertamento degli addebiti e all’erogazione delle pene, e hanno rafforzato le strutture di recupero nonché i criteri di prevenzione».

«Costruire ponti», ma anche «dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’interno del dibattito pubblico»: sta in questo doppio compito, per il cardinale Bagnasco, il «contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune». «Solo una forte coscienza morale può dominare il potere e può impedire che l’uomo cada in sua balia», ammonisce il porporato che si chiede: «Nella sensibilità media, c’è ancora qualcosa che si concepisca intangibile?».

Il secondo fenomeno «che interpella tutti» è il «progressivo sgretolamento del tessuto sociale». «Le nostre comunità cristiane hanno anche questo compito: nei quartieri anonimi della nostre città essere delle piccole luci di riferimento, dei luoghi di accoglienza, dei punti di riferimento. Sì, bisogna ritessere i rapporti umani perché ognuno si senta a casa anche oltre il suo tetto».

«Allarghiamo lo sguardo poiché nessun Paese vive isolato», il terzo invito: «Il Medio Oriente, come le vicine coste africane, vivono confusione, tumulto e violenze: emblematici, al riguardo, i sanguinosi attentati di ieri in Turchia e in Costa d’Avorio. Gli interrogativi che si affacciano non sono immotivati: suggeriscono – anche alla luce delle responsabilità passate – non avventure sconsiderate, ma prudente ponderazione».

La famiglia è «il perno della rete sociale, il più grande capitale di impresa e di solidarietà, un tesoro da non indebolire e disperdere con omologazioni infondate, trattando nello stesso modo realtà diverse». Nel ribadirlo, Bagnasco mette in rilievo le contraddizioni del dibattito attuali, in cui «da una parte si rivendicano le differenze sul piano culturale e, dall’altra, le si negano sul piano normativo, creando di fatto delle situazioni paramatrimoniali». «La famiglia si fonda sul matrimonio», ribadisce il presidente della Cei sulla scorta del Papa e di Kirill: «È l’ora di una grande responsabilità, perché l’occupazione, la famiglia e lo stato sociale siano a portata di tutti, specialmente dei giovani che hanno diritto di farsi la propria famiglia». Ancora una volta, Bagnasco lancia l’allarme per l’inverno demografico, rilevato dai dati Istat, «i peggiori dall’Unità d’Italia». «La famiglia e l’occupazione, sono le cose concrete a cui il popolo guarda con preoccupazione crescente», l’analisi: «Ed è su queste emergenze che la gente vuole vedere la politica impegnata giorno e notte per misure urgenti e concrete».

«Mentre riaffermiamo con tantissima gente che avere dei figli è un desiderio bello e legittimo, così è diritto dei bambini non diventare oggetto di diritto per nessuno, poiché non sono cose da produrre». Lo ripete, il Cardinale: «Tanto più che certi cosiddetti diritti risultano essere solo per i ricchi alle spalle dei più poveri, specialmente delle donne e dei loro corpi», aggiunge pur senza mai nominare la maternità surrogata. «L’amore non giustifica tutto, i bambini hanno diritto a un padre e una madre», il riferimento indiretto al dibattito sulle unioni civili. Bisogna «semplificare e accelerare le procedure di adozione, perché possano avere risposta le migliaia di richieste a fronte di alcune centinaia di bambini dichiarati adottabili». «L’accanimento terapeutico è una cosa, mentre l’eutanasia e il suicidio assistito sono tutt’altro», la precisazione a proposito di un altro punto caldo del fronte bioetico.

Il «delitto per curiosità» – come quello di Roma – è l’ennesimo, «raccapricciante segno del profondo disagio educativo che serpeggia e miete vittime – conclude il Cardinale -. È certamente necessario chiedersi quale mondo lasceremo ai nostri giovani, ma è altrettanto urgente chiederci quali uomini lasceremo al nostro mondo!».