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Family 2012

«Ho visto una Chiesa viva
che si mette al servizio»

Il ruolo fondamentale degli oltre cinquemila volontari impegnati nei giorni del VII Incontro mondiale delle Famiglie

di Laura BELLOMI

17 Giugno 2012

Ciascuno è arrivato con una storia propria, tutti sono ripartiti con una stessa consapevolezza: ne è valsa la pena. Perché, raccontano i ragazzi e le ragazze, i genitori e i nonni che per mesi interi o anche solo per tre giorni si sono dati da fare come volontari per il VII Incontro mondiale delle Famiglie, sentirsi parte della Chiesa universale è un’esperienza unica.

Cinquemilatrecento volontari: più del 70% appartenevano alla Diocesi di Milano, ma c’era anche chi veniva dall’estero (più di 180 persone) e chi, pur vivendo in Italia, aveva nazionalità straniera (quasi 360). Traduttori, fotografi, informatici, operatori specializzati nell’assistenza a disabili e anziani, ma anche fattorini e animatori. Volontari soddisfatti (e stanchi) perché il rimboccarsi le maniche, e nello specifico servire la Chiesa, ha senso sia che si offra una professionalità specifica sia una disponibilità operativa, sia che si lavori in prima linea, sia che si stia nelle retrovie.

«Ho visto una Chiesa viva che si mette al servizio, mi ha colpito l’armonia con cui le diverse generazioni hanno collaborato», racconta Maria Carla Rivolta, pensionata brianzola di Bovisio Masciago. Maria Carla ha lavorato per un mese all’infopoint di largo Corsia dei Servi, poi al centro accrediti allestito al Mico: «Ho 69 anni, ero la più anziana dei volontari, mi sono presa la briga di organizzare le postazioni di lavoro. L’abitudine a collaborare l’avevo acquisita in anni di impiego in ufficio. Il ricordo più bello? L’immagine del self service in cui vescovi e semplici fedeli mangiavano assieme. E poi, sembrerà strano, ma l’aria che si respirava in metropolitana: le tante famiglie presenti hanno trasformato la città».

Juri Zanchi, diciannovenne di Milano, per non perdere l’Incontro mondiale ha preso una pausa dalla preparazione dell’esame di Stato. «Ho perso qualche giorno di studio ma ho imparato tanto, prima snobbavo la famiglia ora ne ho riscoperto l’importanza», racconta Juri, che da mercoledì affronterà la “maturità”. Per Juri, Family 2012 è stata la prima esperienza di volontariato. «Venerdì 1 giugno ero in piazza del Duomo per il saluto di Benedetto XVI alla città. Facevo cordone alla folla dando le spalle al percorso papale, quando ho sentito che arrivata la papamobile non ho resistito alla tentazione e mi sono voltato per salutare il Papa», racconta il liceale. Sabato e domenica poi, servizio a Bresso. «Per la Messa ho attaccato alle 5, settore disabili. C’erano giovani portatori di handicap e anziani con problemi di deambulazione: al passaggio del Papa si sono alzati tutti in piedi. Accogliere i fedeli disabili mi ha dato gioia: non hanno badato alla fatica, non ho sentito una lamentela». Alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid Juri aveva partecipato come pellegrino: «Fare il volontario dà tutta un’altra carica. Certo è più impegnativo, ma è decisamente più arricchente. Se non ho ceduto alla stanchezza è stato perché il coinvolgimento era forte e il senso del servizio chiaro».

Maria Lodolo, 21 anni, era stata scelta come team leader: «La responsabilità mi ha fatto crescere, ho imparato che la disponibilità del volontario non deve avere limiti. Siamo portati a essere sempre attivi, il volontario deve saper stare anche con “le mani in mano”, pronto a intervenire, quando richiesto. La gratitudine dimostrata dai pellegrini che abbiamo aiutato vale molto più di tanti complimenti. In più, pregare assieme ad altre famiglie mi ha regalato la meraviglia dell’appartenenza alla Chiesa mondiale». Maria parlerebbe di Family 2012 all’infinito. «Quand’è il prossimo Incontro mondiale delle famiglie?». Ha imparato il valore dell’attesa, ma l’impazienza di andare avanti, fortunatamente, è rimasta.