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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Famiglia e lavoro

Grazie al Fondo nessuna guerra tra poveri

L’unico criterio-guida del progetto diocesano è la condizione di bisogno, non il colore della pelle o il Paese di provenienza. Nessuna preferenza per gli stranieri, quindi, visto che gli italiani beneficiari rappresentano il 40% del totale. In corso una riflessione in vista di un nuovo rilancio

di Francesco CHIAVARINI

20 Settembre 2015

La crisi non ha chiesto il permesso di soggiorno. Ha colpito non solo gli ultimi arrivati, gli stranieri, ma anche i penultimi: gli italiani più deboli, quelli che spesso si trovano in concorrenza con gli immigrati e che sono le vittime predestinate, oltre che del disagio sociale, anche dei messaggi più strumentali della politica alla ricerca di facili e immediati consensi.

Uno dei meriti del Fondo Famiglia Lavoro è stato proprio questo: contribuire a disinnescare nei quartieri periferici e nei Comuni più ai margini quella potenziale guerra tra poveri che finora nell’area metropolitana di Milano non è esplosa in manifestazioni violente, come invece a Parigi e Londra. A quasi tre anni dal suo rilancio gli aiuti sono stati indirizzati a chi ne aveva bisogno, senza guardare al colore delle pelle, al Paese di provenienza, all’origine etnica. Il risultato è stato che gli italiani sono stati il 40% dei beneficiari, gli stranieri il 60%.

Certo non si può dire che gli uni e gli altri si siano spartiti proprio la stessa fetta di torta, ma la differenza tra quello che hanno ottenuto i nostri connazionali non autorizza nessuno a sostenere una presunta predilezione per chi viene da un altro Paese. Il solo criterio utilizzato è stato quello della condizione di bisogno. Ed è stata una scelta saggia che ha consentito finora alle nostre comunità di assorbire i contraccolpi sul tessuto sociale di migliaia di posti di lavoro persi e di centinaia di aziende chiuse: un’emorragia di cui solo ora si vede una inversione di tendenza, ma non ancora la fine.

Tre anni sono un tempo sufficiente per trare un bilancio e anche interrogarsi sulle prospettive future. Buono è stato l’andamento delle offerte. Anche nei momenti più difficili il flusso di risorse è stato costante, garantito soprattutto da piccoli donatori, con una media di offerte complessiva al mese di 100mila euro. Questo continuo approvvigionamento ha permesso dall’inizio del 2013 a oggi di erogare 6.764.435 euro a 3317 persone. Prevalentemente uomini, di mezza età, con un profilo professionale medio-basso, nessuna conoscenza delle lingue, scarsa competenza informatica: gli ultimi e i penultimi, appunto, che hanno visto improvvisamente vacillare l’equilibrio su cui, seppur in modo precario, si reggevano.

Solo 891 utenti hanno beneficiato della semplice assistenza. L’azione prevalente, infatti, ha riguardato l’area lavoro: ben 2.363 sono stati i destinatari di interventi in questo ambito (ricerca attiva al lavoro, corsi di riqualificazione professionale, tirocini). Notevole la varietà delle proposte formative, selezionate dai centri di ascolto, nei territori a seconda delle richieste del mercato: corsi per magazziniere, saldatore, panettiere, aiuto dentista, persino dog-sitter. Proprio il successo dei tirocini e dei corsi di riqualificazione professionale sta facendo maturare la decisone ai vertici del progetto di potenziare questi strumenti e a implementare queste misure in vista di un nuovo rilancio del Fondo.