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Compleanno

Gli 80 anni di papa Francesco, in ascolto e obbedienza alla volontà di Dio

Un’antica formula latina indica il Pontefice come pater patrum. Mentre ci radica e ci conserva nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa, la “paternità” di Francesco ci apre al domani, con la responsabilità evangelizzatrice e generativa per le nuove generazioni

di Marcello SEMERARO Vescovo di Albano e segretario del C9

16 Dicembre 2016

Una lirica particolarmente cara a Bergoglio è Meiner verehrungswürdigen Grossmutter, composta da Hölderlin per il compleanno della nonna. Nella ben nota intervista resa pubblica nel settembre 2013 lo ricorda egli stesso, confidandocene le ragioni: è una poesia di grande bellezza e spiritualmente gli ha fatto «tanto bene». Il perché è utile richiamarlo in un tempo liturgico che ci conduce al Natale: «Lì Hölderlin accosta sua nonna a Maria che ha generato Gesù, che per lui è l’amico della terra che non ha considerato straniero nessuno».

Una caratteristica umana e spirituale di Papa Francesco è la gratitudine sincera e profonda verso i “padri” e le “madri”. Una riconoscenza teologicamente fondata. Il tema ritorna spesso ed è presente già nei suoi primi scritti. In un testo pubblicato nel 1981, mentre richiamava i temi dell’“eredità” spirituale, scriveva per i suoi Gesuiti: «L’eredità suppone un intreccio di passato e futuro e ugualmente di umano e divino, considerato il fatto che in Gesù è Dio l’eredità del credente». Il motivo dell’intervento era la responsabilità per le future vocazioni nell’ordine. Per Bergoglio una questione fondamentale era «come essere padri di quanti ci seguiranno e fratelli tra noi».

Tutto mi è tornato spontaneo alla memoria sabato 10 dicembre mentre sentivo ripetere dal Papa queste parole, rivolte ai seminaristi pugliesi: «Voi siete entrati in questa strada per diventare padri delle comunità […]. Guardate i vostri padri nella fede, guardate i vostri padri, e chiedete al Signore la grazia della memoria, la memoria ecclesiale […]. Cerca di lasciare l’eredità a chi prenderà il tuo posto. Padri che ricevono la paternità degli altri e la danno ad altri. È bello essere sacerdote così». Ora, nella prospettiva dell’ottantesimo compleanno di Francesco (17 dicembre), penso che anche noi avvertiamo il bisogno di esternargli una simile gratitudine.

Un’antica formula latina indicava il Papa come pater patrum. Noi vorremmo ripeterla non come frase stereotipa, ma con affetto sincero poiché la “paternità” di Francesco, mentre ci radica e ci conserva nella fedeltà a Cristo e nella fede della Chiesa, ci apre pure al domani, con la responsabilità evangelizzatrice e generativa per le nuove generazioni.

Potremmo parafrasarlo dicendo che è bello essere cristiani così! Se mi si domandasse qual è il filo d’oro che congiunge le età della vita di Bergoglio sino a oggi, quando siede sulla cathedra Petri, risponderei: l’ascolto e l’obbedienza alla volontà di Dio. Francesco è gesuita fin nelle midolla e non possiamo davvero comprenderlo senza fare riferimento alla spiritualità ignaziana. Negli Esercizi Spirituali si legge in prima battuta che il loro scopo è «cercare e trovare la volontà divina» (n. 2,4), perché «sua divina maestà si serva, tanto di lui quanto di tutto quello che possiede, secondo la sua santissima volontà» (n. 5,2).

C’è un’omelia nella quale, aprendo il suo cuore, Francesco ci aiuta a entrare nel mistero della volontà di Dio. Commentando la preghiera colletta del 27 gennaio 2015 il Papa parlò della necessità di pregare per avere la voglia di seguire la volontà di Dio, per conoscere la volontà di Dio e, una volta conosciuta, per andare avanti con la volontà di Dio.

Se è vero che nella volontà di Dio, al dire di Dante, «è nostra pace» (Paradiso III,85), è pure vero che qui c’è il segreto dell’interiore serenità di Papa Francesco; quella che tutti hanno potuto percepire fin dal suo primo mostrarsi sulla loggia di San Pietro la sera del 13 marzo 2013. In un testo omiletico pronunciato a Buenos Aires il 17 marzo 2012 (quasi esattamente un anno prima!), Bergoglio diceva: «La vita ci sorprende sempre con il non programmato. Avete nella vostra agenda del giorno il non programmato, che significa stare a servire, rendersi disponibili per l’imprevisto. Dio ci sorprende sempre con il non programmato della vita […]. Nel lavoro di consacrazione al Signore il non programmato è sempre come l’orizzonte imprevisto della volontà di Dio». Nell’augurio al Papa c’è pure il nostro grazie per questo suo tenerci aperto l’orizzonte all’imprevisto della volontà di Dio.