Mancano pochi giorni all’appuntamento di Rio de Janeiro. Tra il 23 e il 28 luglio ancora una volta milioni di giovani s’incontreranno per la XXVIII Giornata mondiale della gioventù. Quest’anno il messaggio è ispirato al Vangelo di Matteo “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. L’imminente Giornata mondiale dedicata alla missione è occasione per riflettere sulla religiosità vissuta dai giovani italiani e sullo scenario che l’annuncio ai giovani dovrebbe tenere in considerazione.
Alcune indicazioni si possono trarre da una ricerca dell’Osservatorio socio-religioso del Triveneto, intitolata “Fuori dal recinto. Giovani, fede, Chiesa: uno sguardo diverso”. Il dato più indicativo dimostra che non esiste più una contrapposizione netta tra credente e non credente. Anzi le differenze sono sfumate ed emerge una vasta platea d’incerti. Sono proprio loro una terra di mezzo, che non assume posizioni nette di fronte alla verità di fede. Inoltre a differenza delle generazioni precedenti questi giovani sono più attenti alla dimensione introspettiva: cercano la pace in se stessi, uno stato di armonia, il senso della vita, mentre aderiscono alla pratica religiosa meno degli adulti. Infine le nuove generazioni escono dalla trasmissione popolare-familiare della fede. L’identità religiosa non è assunta dal contesto socio-culturale in cui si vive, ma è scelta. L’appartenenza diventa non solo personale, ma personalizzata. Il metro di giudizio è la “coscienza” della ragazzoa, però non ha validità una autorità esterna.
Posizioni sfumate, attenzione all’introspezione, scelta soggettiva sono ingredienti che interagiscono fra loro. Ne risulta un contraddittorio rapporto con la Chiesa, percepita come distante istituzione, piuttosto che comunità di fede; accreditata di buona reputazione per gli ideali che annuncia, ma incomprensibile rispetto alle norme morali che pronuncia. Una delle conclusioni dei ricercatori dell’Osservatorio legge in questa maggioranza silenziosa dei giovani un gruppo in ricerca, che probabilmente non si accontenterebbe di qualche bella risposta più o meno circostanziata, mentre sarebbero disponibili a mettersi in cammino, e anche felici di essere accompagnati da qualcuno. A tal proposito commenta il gesuita Gianpaolo Salvini su “La Civiltà Cattolica”, emerge l’esigenza di “un nuovo modo di essere Chiesa, secondo le linee conciliari. Riconoscere il ruolo dei giovani ed essere in cammino con loro anziché stare alla finestra dando direttive… una Chiesa che cammina con gli altri e se ne lascia interpellare”.
Molti giovani italiani si recheranno a Rio, molti saranno lì con il pensiero e la preghiera, ma tanti altri, quella terra di mezzo, assisteranno da spettatori. Rio sarà un evento che l’interrogherà, li lascerà interdetti. Non è sufficiente però. Gli uni e gli altri dovranno camminare insieme per aiutarsi a scoprire in modo sempre più profondo il senso della vita. Di una cosa siamo certi. Quei momenti intensi per un Paese, attraversato da radicali cambiamenti e da forti manifestazioni popolari, saranno un segno di speranza e un richiamo a non dimenticare, a partire dagli ultimi, il bene comune.