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Intervista

Garzonio: «Un atteggiamento positivo
nei confronti del mondo»

Il presidente di Ambrosianeum sottolinea la continuità del contenuto della Lettera pastorale col cammino della Diocesi

di Annamaria BRACCINI

16 Settembre 2013
Marco Garzonio

«La grande e significativa novità che colgo nella Lettera pastorale del cardinale Angelo Scola, è un atteggiamento positivo nei confronti del mondo che, a mio parere, segna anche una precisa continuità con il cammino della Chiesa ambrosiana degli ultimi decenni». Lo dice con estrema convinzione Marco Garzonio, presidente della Fondazione Ambrosianeum ed editorialista del Corriere della sera. «Infatti, il tema del “campo” – continua Garzonio – trae spunto dalla parabola del “buon seme” nel Vangelo di Matteo che l’Arcivescovo pone nelle prime pagine del suo testo, sviluppandolo, poi, a lungo. Quindi, l’idea di considerare in questa prospettiva lo spazio, l’area in cui i cristiani – e, comunque, tutti – debbono portare la propria testimonianza, credo che sia un modo di incoraggiare all’impegno più che di stigmatizzare o di condannare gli andamenti negativi dell’oggi».

Un’immagine che ha colpito l’Arcivescovo è il nuovo skyline del Centro direzionale di Milano, con la punta più alta che ricorda le guglie del Duomo…
Che la guglia, come elemento architettonico legato alla Cattedrale, sia una delle dimensioni caratteristiche della nostra città, rimanda all’idea di un’aspirazione, di una vocazione verso l’“alto” di Milano, che ci obbliga alla responsabilità. Tenendo sempre conto che le guglie hanno senso nel momento in cui hanno radici profonde nella vita e nel cuore dell’uomo e nella vivibilità della città.

Nella Lettera emerge proprio la necessità di richiamare il ruolo e il compito che spetta ai cattolici per la edificazione di un «nuovo umanesimo», considerando la grande tradizione ambrosiana…
Questo è appunto un altro segno di novità specifico della Lettera dell’Arcivescovo. Finora, a livello personale, avevo notato un interesse particolare nel magistero del Cardinale – peraltro fondamentale in chi ha una missione di guida di una grande Diocesi – per la cultura e il mondo intellettuale. Ora mi pare che sia stata colta anche la potenza generativa attuale di quel mix unico che Ambrogio fondò a Milano tra realtà terrena e realtà religiosa, tra esperienza di governo della città ed esperienza spirituale. Il giudizio che Milano respiri e viva di questa unica dimensione, fatta per così dire di due polmoni, ritengo che sia il segno di una possibile originalità che viene riproposta alla metropoli, ma che appunto dalla città – anche per gli appuntamenti che ci attendono come l’Expo – sia, come ricaduta, offerta al Paese intero.

Ma forse l’aspetto della Lettera più sottolineato dai media è stato quello dell’«ateismo anonimo», letto in chiave pessimistica…
I giornali hanno voluto, in effetti, insistere molto su questo “ateismo” e, d’altra parte, un Arcivescovo non può prescindere dalla realtà, ma occorre notare che Scola non dedica molte righe a tale tema, facendone un cenno. Anzi, mi sembra che il Cardinale parta dalla constatazione dell’esistenza di atteggiamenti di indifferenza verso la fede, per stimolare anzitutto i cristiani – torna qui il discorso sul “buon seme”-  a non guardare solo a ciò che non va, ma a valorizzare ciò che di buono può venire dalla interpretazione autentica della parabola di Matteo. Tanto è vero che l’Arcivescovo legge questa pagina evangelica, sottolineando come Gesù fermi i discepoli pronti ad intervenire di fronte al Maligno che ha piantato la zizzania, invitandoli a non dimenticare “il bene che è all’origine”. Penso che continuare a insistere su un aspetto come l’ateismo equivalga a non comprendere la funzione di novità, di apertura al mondo, di inserimento della Chiesa ambrosiana in quella universale di papa Francesco, che, è invece la “cifra” di questa lettera pastorale.

Insomma, l’orizzonte è la speranza “virtù bambina” che ci aiuta a crescere come donne e uomini anche nel terzo millennio e che è la parola conclusiva della Lettera?
Certo. Un ambito non solo di speranza – che potrebbe essere proiettato in tempi che magari non vedranno nemmeno i nostri nipoti -–, ma un ambito di fiducia che è qui e ora: che parte da oggi».