«Far politica significa concorrere alla creazione del senso comune»: queste parole del filosofo Pietro Barcellona dicono il tentativo di uscire da una concezione della politica meramente pragmatica, schiacciata solo sul fare pratico (seppur anche questo sia elemento fondamentale), per aprirsi al faticoso cammino del cercare insieme una visione di senso. Infatti sentiamo l’urgenza di un pensiero politico che provi a scavare in profondità per scrutare «i segni dei tempi» e immaginare una città più bella nella quale ogni uomo possa trovare un luogo dignitoso in cui vivere.
Giorgio La Pira, in un bel discorso ai sindaci delle capitali del mondo, disse: «In una città un posto ci deve essere per tutti; un posto per pregare (la chiesa), un posto per amare (la casa), un posto per lavorare (l’officina), un posto per pensare (la scuola), un posto per guarire (l’ospedale)». Far politica è rendere le città accoglienti per tutti e questo non è facile, anche perché le risorse paiono diminuire e chi amministra, spesso, è sopraffatto dall’affanno generato dalle continue urgenze.
Un primo lavoro da compiere è linguistico, in quanto certi slogan del tipo «oggi la politica ha bisogno di valori», oppure «la politica è servizio», sono stati svuotati da una prassi incoerente con le parole pronunciate. Tutto ciò ha portato le persone a non credere più nella bellezza e nell’efficacia dell’azione pubblica; quindi per recuperare credibilità è necessario ritrovare un’esemplarità sul territorio che inizi con piccoli gesti gravidi di gratuità, ma in grado di generare percorsi reali di prossimità.
Il secondo compito urgente per la politica mi pare sia quello di ascoltare fino in fondo le domande dei cittadini. Non è che manchi chi ascolta, ma l’urgenza e il bisogno di consenso troppo spesso conducono a scelte che non impattano realmente con il nocciolo dei problemi. Qualche volta il bene comune chiede di accettare il peso dell’impopolarità, ma solo chi ha grande forza morale sarà in grado di sostenere conflitti per un bene maggiore che magari solo i posteri sapranno riconoscere.
Con questi intenti riparte il corso di formazione socio-politica della Diocesi di Milano, la scuola “Date a Cesare quel che è di Cesare”, che fu inaugurata all’epoca del cardinale Tettamanzi e che il cardinale Scola ha incoraggiato a proseguire sottolineando l’urgenza di ritornare a una politica che parta dalla persona e non dagli interessi.
Il prossimo 23 ottobre proveremo a interrogarci proprio sul senso dell’impegno sociale e politico, cercando di scardinare alcuni luoghi comuni che non aiutano a pensare. Due filoni accompagneranno questo percorso annuale: un primo proverà a mostrare il ruolo avuto dai cristiani nella costruzione della città dell’uomo. Saremo guidati da un interrogativo: quali urgenze interpellano oggi le persone impegnate in politica? E i cristiani? Il secondo filone attraverserà i temi di Expo 2015 e s’interrogherà su come nutrire la vita. Il rapporto con il creato, l’educazione a stili di vita sobri e sostenibili, il cibo e la convivialità delle differenze sono alcune delle questioni di fondo che Expo porta con sé e sulle quali sarà opportuno ragionare insieme ai giovani che interverranno.
La partecipazione è gratuita, ma a tutti è chiesto di portare il desiderio di lavorare insieme per rendere più vivibile il nostro mondo.