Share

Famiglia-Lavoro

«Fondo: occorre rispondere al bisogno nei tempi giusti»

Il segretario generale Luciano Gualzetti analizza la campagna in corso alla luce delle nuove necessità e delle molte domande ancora in giacenza

Luisa BOVE

5 Settembre 2011

Il Fondo Famiglia-Lavoro non è andato in vacanza neppure in agosto: giorno dopo giorno le donazioni hanno superato i 120 mila euro e oggi la somma raccolta ammonta a 12.705.694 euro. Cifra ancora insufficiente a evadere tutte le richieste di aiuto per chi ha perso il lavoro, è in cassa integrazione o non arriva a fine mese. Ora, dice Luciano Gualzetti, segretario generale del Fondo, ci si aspetta nuove “entrate” per rispondere alle molte domande in giacenza.

Quante sono le richieste rimaste nel cassetto?
Siamo arrivati a 9.238, ma quelle già analizzate sono 8.500, quindi ne mancano 738. A fine luglio avevamo speso tutto, man mano che arrivano nuovi fondi evaderemo le richieste. Le abbiamo raccolte fino al 31 luglio, ma ci sono senz’altro centri di ascolto che hanno ricevuto domande di aiuto entro quella data e non le hanno ancora inviate. Le stiamo aspettando, ma credo che il numero non si discosterà molto e arriveremo ad analizzarne 800 in tutto.

La raccolta fondi però continua fino al 31 dicembre. Quanto vi manca da raccogliere?
Abbiamo erogato 12.324.000 euro e a fine luglio avevamo in cassa ancora 200 mila euro, ma per rispondere alle 800 famiglie, se si calcola in media 1.900-2.000 euro per ciascuna, abbiamo bisogno ancora di 1 milione e mezzo di euro. Contiamo che nei prossimi mesi e soprattutto a dicembre, quando ci sarà l’anniversario dell’iniziativa (avviata nel Natale 2008, ndr) e la chiusura dell’ultima Campagna, arriveranno altri soldi che erogheremo per evaderle tutte.

Se il Fondo si chiuderà a fine anno, non si fermano però le iniziative sul territorio a favore di disoccupati o cassintegrati…
Il merito del Fondo è stato anche quello di non voler fagocitare o annullare le iniziative già presenti, ma di stimolare il territorio alla fantasia della carità su una sfida completamente nuova e straordinaria come quella della disoccupazione. Dovevano essere iniziative di sostegno, ma anche di ricerca e creazione di nuovi posti di lavoro e ne sono nate a macchia di leopardo. Anche il Siloe, la Caritas, le Acli e tante altre realtà continueranno a lavorare sul territorio diocesano per rispondere ai problemi del lavoro.

Che cosa ha significato per la diocesi e per la società civile questa iniziativa lanciata dal cardinale Tettamanzi?
Per la Chiesa ambrosiana ha rappresentato la capacità di rispondere a un bisogno reale e nei tempi giusti: è stata la prima a partire e così si è guadagnata la stima di tante diocesi e di molti laici. C’è stato anche un salto di qualità nell’attenzione alla sfida del lavoro, disoccupazione, indebitamento, alle persone che faticano ad arrivare a fine mese, perché non hanno sostegni, con un Welfare inadeguato o che non tutela i giovani o i cinquantenni disoccupati. Tutto questo ha costretto la diocesi e la società civile, gli enti pubblici e il terzo settore a interrogarsi e a cercare nuove risposte.