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Evitare chiusure e autoreferenzialità TORNARE A CONFRONTARSI TRA CATTOLICI

5 Giugno 2008

Dopo la fine della Dc è stata la politica, che con la sua forza divisiva, ha spaccato in due la comunità cristiana, dal livello nazionale tra associazioni e movimenti che hanno effettuato scelte diverse, al livello parrocchiale, dove spesso parlare di politica diventa un problema. Nelle parrocchie in particolare la paura di affrontare i temi politici deriva sia dallo scenario politico in continuo cambiamento che disorienta anche gli esperti, sia dal rischio di spaccature interne alle parrocchie perché le discussioni si possono spesso trasformare in scontri tra tifoserie che non sanno nemmeno bene perché tifano quella squadra. Sono sicuro che i delegati della Settimana, una volta ritornati sul territorio, porteranno un’aria di novità e libertà nei gruppi e nelle parrocchie, la coscienza che l’unità della fede non può essere messa in discussione da diverse scelte politiche.

di Martino Incarbone
Azione cattolica

Bene comune, un tema classico e fondante la dottrina sociale della Chiesa, da declinare però in sessioni tutt’altro che teoriche. Terzo settore, biopolitica, sfida educativa, globalizzazione. Queste sono alcune delle sfide che l’Italia ha di fronte, ed è proprio ragionando a partire dall’ottica del bene comune che i cattolici italiani hanno voluto portare il loro contributo a queste problematiche.

Le sessioni della Settimana sociale sono state efficaci non solo quando hanno proposto relazioni approfondite o quando hanno suscitato dibattito vivo. Il maggiore valore è venuto da quelle sessioni che ponevano la dottrina del bene comune di matrice cattolica in dialogo-dialettica con la produzione scientifica, pedagogica, politologia attualmente in circolazione: solo gettando ponti tra i modi di pensare, tra i di versi paradigmi, c’è possibilità di dialogo e di reale costruzione del bene comune.

Il rischio infatti è quello di procedere, come cattolici, in maniera autoreferenziale dal punto di vista dell’elaborazione culturale. Ho molto apprezzato da questo punto di vista la sessione riguardante il Terzo settore, in cui attraverso le teorie sociologiche del capitale sociale, è stato gettato un chiaro ponte tra la dottrina sociale della Chiesa e teoria sociale. Allo stesso modo interessante è stato il ponte gettato tra bene comune e problema dell’educazione, ma in questo ambito il linguaggio dei cattolici è da sempre comprensibile a tutti.

Questa linea di ricerca di contatto è senza dubbio una linea per un futuro in cui non conterà la massa, peraltro numericamente ridotta, del voto dei cattolici, quanto la loro capacità di introdursi con intelligenza e competenza nel dibattito politico e sociale del Paese.

Non si può negare che nel mondo cattolico italiano siano presenti diverse linee di pensiero, incarnate da diverse porzioni di associazionismo o di movimenti che propongono e portano avanti stili e culture diverse circa la partecipazione sociale e politica da cristiani.

Questa differenziazione è stata evidente a Pisa, come lo era stata a Bologna tre anni fa. La piacevole sorpresa è stata però, che queste diverse anime, in passato anche recente in contrasto su molte scelte politiche e culturali, hanno portato avanti un evidente sforzo di comprensione reciproca.

Dopo la caduta della Democrazia cristiana è stata la politica, che con la sua forza divisiva (ricordiamo la categoria amico-nemico di Carl Schmitt) ha spaccato in due la comunità cristiana, dal livello nazionale tra associazioni e movimenti che hanno effettuato scelte diverse, al livello parrocchiale, dove spesso parlare di politica diventa un problema.

Nelle parrocchie in particolare la paura di affrontare i temi politici deriva sia dallo scenario politico in continuo cambiamento che disorienta anche gli esperti, sia dal rischio di spaccature interne alle parrocchie perché le discussioni si possono spesso trasformare in scontri tra tifoserie che non sanno nemmeno bene perché tifano quella squadra.

Sono sicuro che i delegati della Settimana sociale, una volta ritornati sul territorio, porteranno un’aria di novità e libertà nei gruppi e nelle parrocchie. Porteranno la coscienza che l’unità della fede non può essere messa in discussione da diverse scelte politiche. La coscienza che per un cattolico le diverse scelte politiche non sono materia di fede, ma da essa ne traggono l’ispirazione e la forza.

La coscienza che operare per il bene comune significa affidarsi alla forza del dialogo, del confronto, della dialettica costruttiva tra idee forti e motivate. La coscienza quindi che la logica del bene comune è convincente per l’esterno solo se è vissuta in prima istanza all’interno della Chiesa.