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Chiesa e ambiente

Educare alla custodia della terra

Sabato 1° settembre si celebra in Italia la settima "Giornata per la salvaguardia del creato" promossa dalla Conferenza episcopale italiana

a cura di Gabriele GUCCIONE

28 Agosto 2012

 “Educare alla custodia del creato per sanare le ferite della terra”: è il tema della 7ª Giornata per la salvaguardia del creato, che si celebrerà il prossimo 1° settembre. Il messaggio Cei scritto per l’occasione invita alla “riconciliazione con il creato, perché il mondo in cui viviamo porta segni strazianti di peccato e di male causati anche dalle nostre mani, chiamate ora a ricostituire mediante gesti efficaci un’alleanza troppe volte infranta”. Ne abbiamo parlato con Simone Morandini, docente di teologia della creazione presso l’Istituto di studi ecumenici “San Bernardino” di Venezia e coordinatore del progetto “Etica, Filosofia e Teologia” presso la Fondazione Lanza di Padova.

 

La vicenda eternit, il problema dei rifiuti, l’inquinamento atmosferico. Nel messaggio Cei si fa riferimento a una lunga una serie di violazioni della sacralità del dono della terra. Di fronte a queste situazioni, quale impegno è richiesto al cristiano?

Il primo atteggiamento del cristiano di fronte al creato è il rendimento di grazie al creatore. Ma non possiamo rinunciare a denunciare quei comportamenti umani che mettono a rischio la salute dell’uomo e dell’ambiente, come nel caso dell’eternit a Casale Monferrato, e come recentemente sta emergendo nel caso dell’Ilva di Taranto: situazioni che sono il frutto di decenni di sviluppo sconsiderato. I vescovi, nel loro messaggio, richiamano alla figura di Giuseppe; la storia del recupero di una relazione che sembrava ormai spezzata. Occorre essere capaci di andare al di là della divisione tra ecologia del cuore ed ecologia del creato, e recuperare il rapporto dell’uomo con la creazione. Si tratta di evitare la distinzione tra sviluppo umano e attenzione all’ambiente, tra un’etica civile e umana attenta al territorio e un’economia che consenta all’uomo di vivere.

 

I vescovi invitano “a tornare a riflettere sul nostro legame con la terra e, in particolare, sul rapporto che le comunità umane intrattengono col territorio in cui sono radicate”. In quest’ottica quale importanza ha il territorio, il paesaggio?

Il tema del territorio viene riscoperto come bene comune da intendere in modo articolato, anche dal punto di vista delle relazioni con l’uomo, del paesaggio, della bellezza. E questo è particolarmente vero per l’Italia, la cui economia potrebbe svilupparsi attorno a questo bene, e invece ci troviamo di fronte alla piaga del consumo di suolo e all’incuria che porta al dissesto del territorio. Sembrerebbe che sviluppo voglia necessariamente dire costruire di più, e questo rende la nostra vita impreparata di fronte alle calamità naturali, come le alluvioni in Liguria o il terremoto in Emilia.

 

A volte, di fronte a queste “ferite” e a questi “lutti” della terra, sembra che ci si ritrovi di fronte a un bivio che impone di scegliere tra sviluppo e ambiente, lavoro e salute. C’è una risposta a questo dilemma? C’è una strada verso la riconciliazione con l’ambiente?

Non è una questione semplice. Bisognerebbe forse arrestare lo sviluppo per evitare di inquinare la terra? Che ne sarebbe allora dei poveri? A me pare che una risposta sia stata faticosamente individuata dal dibattito ecumenico e politico-sociale ed è la sostenibilità, l’idea cioè di costruire una società capace di rispettare l’ambiente. È una strada in salita, ma se da un lato non possiamo considerare il creato immodificabile, dall’altro dobbiamo essere consapevoli che lo sviluppo non può essere illimitato. Non esiste l’ambiente senza il rapporto con l’uomo. Il giardino della terra va coltivato, ma anche custodito.

 

Ma quali sono le cause della rottura di questo rapporto tra l’uomo e il creato?

Con la modernità l’uomo è diventato trasformatore, tramite la tecnica, della natura. Ne è diventato il dominus. Questa dinamica, nel corso del Novecento ha dimostrato tutta la sua insostenibilità. Il problema è che ci troviamo adesso distaccati dal mondo naturale, di cui abbiamo perso la memoria. Il primo passo per una riconciliazione nei confronti del creato è quindi il recupero della memoria del radicamento biologico all’interno del mondo naturale, riconoscendoci creature all’interno della creazione. La stessa nozione di sostenibilità ha al centro l’attenzione per le generazioni future: l’idea è che non sia possibile un’attenzione per l’ambiente fine a se stessa, guardando all’ambiente solo, ma che occorra ritrovare un’alleanza tra l’uomo e il creato.