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Editoriale DA CRISTIANI NELLA VITA QUOTIDIANA

9 Settembre 2005

L’8 settembre, nel Duomo di Milano, come è tradizione, il Cardinale Dionigi Tettamanzi ha illustrato le linee programmatiche per l’anno pastorale diocesano 2005/2006. Esse costituiscono la terza tappa del Percorso iniziato nel 2003 con l’obiettivo di “rinnovare il volto missionario della Chiesa di Milano”.

La scansione del Percorso pastorale diocesano nasce dalla consapevolezza che la fede cristiana deve essere inscindibilmente professata – celebrata – vissuta. La prima tappa domandava un esercizio di “discernimento evangelico” fino al cuore della fede per riprendere consapevolezza dei doni di salvezza che ci sono stati gratuitamente donati da Dio in Cristo. La seconda tappa invitava a riconoscere nell’Eucaristia il segno della comunione e della presenza di Gesù che chiama ciascuno di noi a riaccendere il fuoco della missione. Questa terza tappa porta a compimento il percorso richiamando l’attenzione alla testimonianza cristiana negli ordinari ambienti della vita. L’invito, concretissimo, è quello di non avere paura e di avere il coraggio di tradurre il nostro essere cristiani nella quotidianità del mondo che viviamo, incontriamo e contribuiamo a definire: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Matteo 5,16 ).

L’Arcivescovo ha voluto sottolineare con molta forza questa dimensione della fede vissuta perché le è essenziale. La fede non è tale se si riduce a un’esperienza intima e nascosta; non è nemmeno semplice partecipazione a momenti rituali ma è “seguire Gesù Cristo”, vivere nella comunione con Lui, come Lui ha vissuto. In questo senso, dice il Cardinale nel messaggio ai fedeli della Diocesi, «solo la fede vissuta è il frutto naturale e maturo di una fede che accoglie il Vangelo di Gesù e lo celebra nella liturgia e nella preghiera. E’ dunque la vita di ogni giorno la verifica e il test inequivocabili che il nostro ascolto della Parola e il nostro incontro personale con Gesù sono veri e autentici, non vuoti e vani, non falsi e sterili!». Pertanto è in quest’ottica di fede professata, celebrata e, infine, vissuta che andrebbe misurata e definita autenticamente la nostra “identità cristiana”.

Le linee pastorali proposte sono molto impegnative per i singoli cristiani e per le comunità ecclesiali. La strada è quella di cercare di vivere nello spirito delle beatitudini evangeliche sentendosi «chiamati ad essere attivi e responsabili nella vita della società e nella costruzione della storia, collaborando con gli uomini del nostro tempo nell’edificare una civiltà più umana, operando responsabilmente per il bene comune» (Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, 14).

L’Arcivescovo non nasconde le difficoltà del cammino e proprio per questo da una parte domanda di attingere dal ricco patrimonio della Chiesa la indicazione della bontà e della verità delle scelte da compiere, dall’altra invita a un sostegno reciproco affinchè nessuno si senta solo e isolato nel suo impegno di testimonianza. E’ questo uno dei compiti centrali della comunità parrocchiale che come “madre e maestra” non trascura di nutrire e accompagnare i “figli” che gli sono affidati.

Ma più ancora, indica in Gesù quella fonte di grazia, di forza e di vita che riempie il cuore di “tensione esplosiva” capace di mostrare a tutti la “vita nuova” generata in noi. Se dunque l’anno pastorale che iniziamo richiede una grande concretezza di stile di vita, di azioni, di scelte conformi al Vangelo, proprio per questo domanda una cura premurosa della propria spiritualità, un sottile discernimento evangelico del nostro tempo, una strettissima comunione con Gesù. Appunto: una fede professata – celebrata – vissuta.