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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Rho

È nato il Textile Hub di Vesti Solidale

Inaugurato il più grande impianto di riciclo tessile del Nord Italia, che completa la prima filiera interamente cooperativa per la selezione, il recupero e il riutilizzo di capi usati e di tessuti

7 Marzo 2024

All’interno di una tre-giorni dedicata (vedi qui la locandina) è stato inaugurato oggi a Rho il Textile Hub della cooperativa Vesti Solidale, il più grande impianto di riciclo tessile del Nord Italia. Con un investimento di 8 milioni di euro e una superficie di 12 mila mq, di cui 5 mila mq coperti, avrà una capacità di trattamento fino a 20 mila tonnellate di rifiuti tessili all’anno. Un modello di efficienza operativa, all’avanguardia, equipaggiato con attrezzature semiautomatizzate per la selezione e il recupero di capi usati e tessuti. Una scelta di economia sostenibile che riduce l’impatto ambientale e genera, allo stesso tempo, valore economico e sociale sviluppando opportunità di lavoro sul territorio. Un impianto a basso impatto ambientale grazie anche all’utilizzo di pannelli fotovoltaici. Vesti Solidale si posiziona così tra i player più influenti nel campo del recupero del second hand e nel riciclo dei materiali tessili. In questo contesto, il Textile Hub rafforza la presenza della cooperazione tra i principali attori del settore creando la prima filiera interamente cooperativa del comparto.

Che cosa gestirà

L’hub gestirà la fase finale del ciclo di vita di indumenti usati e prodotti tessili post-consumer: abiti, scarpe, borse conferiti nei cassonetti o provenienti da aziende d’abbigliamento, tra cui anche marchi d’alta moda, come capi resi, invenduti o difettosi. E rifiuti pre-consumer, ossia filati, tessuti da scarti di lavorazione (cascami). Infine, il riciclo. In questo caso i tessili vengono selezionati per fibra, qualità e colore ed eliminate le parti non riciclabili: bottoni, cerniere, elementi in plastica o qualsiasi altro elemento che possa compromettere la successiva fase di riciclo.

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«Gli abiti che non usiamo più contengono un’enorme quantità di materiale che è un peccato incenerire insieme al rifiuto indifferenziato. È fondamentale integrare nelle produzioni materiali rigenerati sostituendo le fibre vergini con quelle provenienti da tessuti e capi riciclati – spiega Matteo Lovatti, presidente di Vesti Solidale -. Qui noi selezioniamo le fibre che i nostri clienti trasformano in nuovi filati di lana, cotone, jeans, poliestere, oppure trovano spazio nel nostro laboratorio Taivè, per la creazione di nuovi prodotti con l’upcycling creativo. Abbiamo anche progetti pilota per il riciclo del nylon e del cuoio. Poi c’è tutta la filiera del riutilizzo, la principale, in cui i capi sono selezionati e igienizzati per la vendita nella nostra catena di negozi second-hand Share presenti in Lombardia e Piemonte, il resto destinato ad altre reti di distribuzione o commercializzato».

Il nuovo polo tessile di Rho sarà il centro nevralgico dell’attività di raccolta dei cassonetti gialli riconoscibili dai marchi di Caritas e Rete Riuse (Raccolta Indumenti Usati Solidale e Etica) nei territori delle Diocesi di Milano, Brescia e Bergamo, tramite 9 cooperative sociali. La struttura è stata realizzata grazie al contributo di Confcooperative/Fondo Sviluppo, CFI-Cooperazione Finanza Impresa, Intesa San Paolo, Invitalia, Fondazione Peppino Vismara e Fondazione Giordano dell’Amore. 

Con Riuse risparmiate nel 2023 29 mila tonnellate di CO2

L’industria tessile è tra le più inquinanti a livello mondiale. La quantità di abiti prodotti e gettati via è aumentata in modo esponenziale, con impatto sulle emissioni globali di gas serra. Molti capi vengono gettati anziché donati. Ma il riuso e il riciclo dei rifiuti tessili rimane l’unica alternativa al consumo indiscriminato di risorse. Per il solo 2023, con il recupero di 6.151 tonnellate di indumenti, l’azione di Vesti Solidale ha consentito il risparmio di 29.000 tonnellate di CO2 in un anno, l’equivalente dell’emissione prodotta da 3625 voli Milano – Napoli o dai motori di 13.467 automobili (vedi qui i dati).

L’adozione di sensori di riempimento Rml nei 936 cassonetti gestiti da Vesti Solidale rappresenta un passo avanti nel settore del waste management intelligente. Questi sensori, grazie alla tecnologia ottica e agli algoritmi avanzati, migliorano l’efficienza della raccolta dei rifiuti tessili, riducendo il consumo energetico e aumentando l’accuratezza delle misurazioni.

L’attività di Vesti Solidale ha consentito nell’ultimo anno il recupero del 100% degli abiti usati, destinando il 60% dei capi di abbigliamento al riuso, il 35% al riciclo, con il restante 5%, costituito da materiali quali plastica o carta, avviato nelle rispettive filiere di riciclo. Questo, oltre a produrre un indubbio beneficio ambientale, evitando di finire nella frazione indifferenziata alle discariche o agli inceneritori, ha permesso alla collettività di risparmiare oltre 1,5M di euro per lo smaltimento.

Vesti Solidale: il 74,5% dei lavoratori sono persone con diverse fragilità

Vesti Solidale, attraverso la raccolta e il riciclo di indumenti usati, non solo agisce in favore dell’ambiente, ma svolge anche un ruolo sociale fondamentale, creando opportunità di lavoro. È una cooperativa sociale di tipo B d’inserimento lavorativo, con 145 dipendenti, di cui 17 assunti solo nell’ultimo anno, 11 con svantaggio. Il totale dei dipendenti fragili è del 74,5% (vedi qui il progetto “Lavoro di squadra”).

«Nel 2023 la cooperativa ha fatturato oltre 7 milioni di euro e con questo investimento ci proiettiamo a crescere ancora, consentendoci di aumentare ancora il numero dei nostri lavoratori – conclude Lovatti -. L’obiettivo di Vesti Solidale è creare opportunità di lavoro per le persone, in particolare per quelle fragili o tagliate fuori dal mercato del lavoro. Siamo convinti che il lavoro sia uno strumento fondamentale perché ciascuno possa ridare dignità e autonomia alla propria vita e mettere le proprie capacità al servizio della comunità. Lavorano con noi ragazzi disabili fisici, donne vittime di tratta e prostituzione, over 50 disoccupati, giovani con storie familiari complesse che finirebbero altrimenti per strada».