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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Missioni

Dove il mondo soffre la Chiesa è presente

Da Brasile e Perù il racconto dei “fidei donum” ambrosiani. Due storie tra le tante che in questo ottobre missionario scaldano le comunità cristiane in preparazione alla celebrazione diocesana e alla Giornata mondiale

di Nino PISCHETOLA

21 Ottobre 2012

Una Chiesa che soffre, in Brasile come in Perù, per la corruzione o per la discriminazione, però sempre sorretta dalla gioia e dalla luce del Vangelo nell’affrontare queste situazioni difficili per la testimonianza dei cristiani. L’immagine di una Chiesa presente, anche nelle realtà più problematiche, è descritta nelle lettere dei missionari fidei donum ambrosiani che giungono a noi in questo mese di ottobre tradizionalmente dedicato alle missioni; testimonianze che risuoneranno anche durante la Veglia diocesana di sabato 27 ottobre e nelle celebrazioni di domenica 28 ottobre nelle comunità cristiane in occasione della Giornata mondiale.

Don Ezio Borsani è fidei donum della Diocesi dal 2008 nella parrocchia di Santa Gianna Beretta a Barra do Corda Ma in Brasile, «un Paese che cresce economicamente, un Paese emergente, con sicure prospettive di sviluppo, ricco di tutto». «Ma esistono disuguaglianze abissali» tiene subito a precisare.

«Il nostro Maranhão – racconta nella sua lettera – conta più di un milione di poveri. E il povero ha bisogno per prima cosa di accoglienza: incontro e porte aperte per poter entrare, per “stare con”, avere il suo posto, la sua voce, il suo riconoscimento. Prima cosa: l’accoglienza. Poi anche il pane, certo. Ma il pane che non è il frutto dell’accoglienza, della fraternitá e dell’amore, non dà vita. Accogliere vuol dire vivere da fratelli, ma facciamo fatica a capire che questa fraternità è l’unica vita vivibile. Qui siamo in piena campagna elettorale, ai primi di ottobre si è votato per le municipali. E il clima è “caldo” anche in questo senso. Viviamo in una situazione grave di corruzione e si fa fatica a provocare un cambiamento, anzitutto di mentalità, anche tra molti nostri cristiani che chiamiamo “impegnati” (in realtà, per che cosa?). I “potenti”, la famiglia che fa da padrona qui in cittá, ha creato un sistema mafioso, legando a sé le persone con denaro, privilegi, favori che vanno pagati con il sostegno al capo senza discussioni, con una coscienza cieca, sorda e muta. E con le minacce. La nostra comunità ha parlato. Si è mossa. Non a partire da qualche analisi sociologica o presa di posizione partitica, ma dalle esigenze della nostra fede in Gesù, dal Vangelo in cui crediamo e che vogliamo spargere nella nostra società come seme di vita nuova. Per vincere la paura, risvegliare le coscienze, unirsi e organizzarsi per ritrovare il coraggio di agire diversamente, sempre credendo nel dialogo e nel rispetto reciproco. Per evangelizzare bisogna saper accogliere la realtà in cui si è. Ma questo non significa chiudere gli occhi e la bocca per convenienza – conclude don Borsani -. Si entra nella realtà con rispetto e umiltà, ma dando quanto di meglio abbiamo: il Vangelo di Gesú».

Gli sposi Chiara e Roberto sono invece fidei donum in Perù, sensibili a una «riflessione continua su cosa significhi davvero la Missione di Gesù: è un imparare costante dalla Parola, dalla gente semplice e umile, da un popolo e una cultura che davvero è altro da noi… ed è un ritrovarci sempre spiazzati, impreparati, fragili ma con il desiderio di condividere un cammino». Qui in Perù purtroppo le descriminazioni sono molto comuni.

«A volte le madri – raccontano Chiara e Roberto – si allontanano dall’hogar (casa) per lavorare ma altre volte per problemi con il marito o compagno e chi ci rimette sono i bambini che intanto crescono e diventano uomini spesso grazie alle sorelle o ai fratelli maggiori. La realtà della famiglia è davvero complessa in Perù e anche la nostra testimonianza come coppia stabile – scrivono – può essere un modello, senza presunzione, però può essere una visione altra (vista dal punto di vista di questa cultura) di come si può vivere una relazione in modo stabile, dimostrando che si può amare anche in una società e in un mondo come quello moderno, anche in una realtà come questa dove nessuno fa nulla gratuitamente».

«Siamo missionari – aggiungono Chiara e Roberto – ma ci scopriamo in cammino con altri missionari: la gente semplice. È stato bello domenica scorsa andare con le donne del taller in un pueblito della zona rurale a visitare le famiglie casa per casa invitandoli alla Messa. Non molti hanno accolto l’invito ma per una volta tanto è la Chiesa che esce dalle sue strutture per andare incontro alla gente. D’altra parte con i giovani stiamo leggendo e meditando il Vangelo di Marco e abbiamo visto come la casa, l’hogar sia un luogo caro a Gesù per cercare le persone, guarirle, visitarle, farsi presente, pregare, insegnare… Che dignità ha la casa quindi! E spesso non ce ne accorgiamo annoiati dalla quotidianità! Gesù viene a trovarci lì dove viviamo e dà un senso altissimo a quello che viviamo, ce ne rendiamo conto?».