Diecimila fedeli gli hanno reso omaggio il 31 gennaio a Varese, Vengono Inferiore, Olgiate Olona e Seregno. In cinquemila a Lecco si sono messi in fila sotto la pioggia, fin dalle sette della mattina di sabato, per entrare nella Basilica di San Nicolò. Poi il Duomo di Milano gremito, nel pomeriggio, di seimila catechisti e ragazzi degli oratori per la preghiera presieduta dal Vicario generale della Diocesi, monsignor Mario Delpini; altri diecimila che sono passati in Cattedrale per la visita e la preghiera durante il resto della giornata. Insomma, un successo facilmente immaginabile, ma che forse è andato anche al di là delle previsioni. Tanto che la Celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Scola come momento finale di “Don Bosco è qui”, la sera di martedì 4 febbraio, sarà in Duomo e non, come preannunciato, in Sant’Ambrogio.
Proprio monsignor Delpini, che nella sua veste di Vicario generale – a nome dell’Arcivescovo – ha dato a Milano il benvenuto alla reliquia, stila un bilancio di questi primi tre giorni della Peregrinatio in corso. «Un accorrere bello e significativo della gente, dove per “gente” si deve intendere tutto il popolo di Dio, dai giovani agli anziani, dalle famiglie ai consacrati, dai singoli fedeli a intere comunità. Quindi un segno, anche nella città che si pretende secolarizzata e quasi, per eccellenza, laicizzata, che non può lasciare indifferenti. Mi pare infatti molto rilevante ciò che è avvenuto da sabato scorso intorno al Santo dei giovani. Certamente va dato atto a chi ha organizzato anche questa tappa del tour mondiale; tuttavia la percezione complessiva è che vi sia stata una spontaneità, come dicevo, popolare che ha contrassegnato la partecipazione all’evento. E anche questo, come Chiesa locale, ci rende felici».
Il carisma di educatore di don Bosco, la sua santità esemplare senza tempo sono stati un motivo di attrazione, specie nelle difficoltà che attraversa oggi la questione giovanile…
Senz’altro questo è un altro elemento determinante e da approfondire. È vero che la figura di San Giovanni Bosco è, per così dire, «sempre stata tra noi», è familiare anche per la capillare presenza e attività dei Salesiani sul territorio diocesano; ma non c’è dubbio che, in un contesto più ampio, la complessità del tema dell’educazione spinga molti a guardare alla profetica visione formativa di don Bosco con attenzione particolare, riconoscenza e affetto.
L’Urna ha fatto sosta al Carcere minorile “Beccaria”: ancora tanta gente, ma soprattutto c’erano tutti i giovani detenuti e tre di loro hanno ricevuto durante la Messa i Sacramenti dell’iniziazione cristiana… È forse questo sentirsi tutti amati nello stesso modo – ragazzi dei nostri oratori e chi ha qualche difficoltà in più – che convince ancora, più di ogni parola?
Oggi sappiamo molte cose in più, rispetto ai tempi di don Bosco: abbiamo imparato esperienze educative nuove ed elaborato moderne tecniche, abbiamo incrementato le competenze e le “avvertenze”; però continuiamo a percepire una sorte di impotenza di fronte a un compito così fondamentale come l’educazione e la formazione delle giovani generazioni. Sapere che, come diceva don Bosco, «educare è questione di cuore», ci spinge a guardare con speranza e rinnovato slancio al futuro.
Per questo, intorno a questo Santo di tutti, si è ritrovata una sorta di immensa comunità educante, come la definisce il Cardinale?
Sì, il nome è esatto. Tra tante persone diverse, carismi, ruoli e realtà differenti, si può dire che il mondo educativo si è riunito ancora una volta intorno a don Bosco.