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Dal Giappone un grande esempio di architettura religiosa TADAO ANDO, POETA DELLA SEMPLICITA’

5 Giugno 2008

E’ un architetto giapponese autodidatta,
poeta della luce, capace di dare verità visibile
all’atto interiore della preghiera
nel segno della natura e dell’arte.
Negli anni scorsi ha ricevuto il Premio internazionale
di architettura sacra della Fondazione Fratello Sole
di padre Costantino Ruggeri.

di Luca Frigerio

Una croce, l’ombra dei tigli e delle betulle, l’acqua increspata da una brezza leggera. E il silenzio. Un silenzio che parla al cuore degli uomini , dolcemente, intensamente. Come un salmo di lode scolpito nella roccia, tra i dolci pendii di Hokkaido, in Giappone, sorge la “Cappella sull’acqua”, chiesa cristiana, casa di Dio e del suo popolo. L’avvolge d’inverno il candido abbraccio di una distesa di neve. In autunno, una nebbia rada e delicata si insinua tra le sue pareti. E in ogni stagione il moderno edificio si fonde con la natura circostante in piena umiltà, in consapevole abbandono.

Perché la Cappella sull’acqua, in realtà, altro non è che un involucro di luce, una semplice linea che – più che separare – unisce cielo e terra, il mondo sacro e quello profano. La “scatola” di vetro e cemento quasi si annulla, lasciandosi penetrare dal suono dell’acqua che la circonda, dallo stormire delle foglie, dal canto degli uccelli. Così, immersi nell’ambiente vivo, a contatto con il Creatore, ci si confronta con se stessi, ci si riconcilia con gli uomini.

Una simile costruzione non poteva idearla che un poeta. E Tadao Ando è un poeta. Un poeta che trasforma il cemento in liriche raffinate, che modella l’acciaio in versi nitidi e profondi, che si serve del vetro come lente dell’infinito. Non sorprende, dunque, che proprio a lui – figlio del Sol Levante quindi apparentemente così lontano dalla tradizione e dalla cintura, occidentale e cristiana – sia stato assegnato alcuni anni fa il Premio internazionale di architettura sacra, istituito dalla Fondazione Frate Sole di Pavia. Fondazione che presieduta da padre Costantino Ruggeri, pittore, scultore, vetratista, architetto e infine – o anzitutto – frate francescano e sacerdote, soldato di due milizie: quella della fede e quella dell’arte.

E la consonanza tra i due artisti, entrambi in qualche modo autodidatti entrambi innamorati della bellezza («l’unica cosa che salverà il mondo secondo Dostoevskij»), non potrebbe essere maggiore. Nonostante le distanze, nonostante le barriere culturali. «Progettando diverse cappelle, ha avuto modo di pensare alla natura dello spazio sacro, e mi sono chiesto che cosa questo spazio rappresenti per me», confida Tadao Ando. E spiega: «In Occidente lo spazio sacro è trascendente, mentre ritengo che in qualche modo esso debba venire posto in relazione con la natura, anche se questa convinzione non ha nulla a che fare con l’animismo o il panteismo giapponese. La natura alla quale lo spazio sacro deve rapportarsi è quella trasformata dall’uomo, in una certa misura modificata architettonicamente».

E’ per questo che in tutte le opere a carattere religioso realizzate in questo ultimo decennio dall’architetto nipponico si rimane affascinati dalla rigorosità e dalla purezza delle linee, dalla profondità mistica degli spazi e delle forme, dall’intensa emozione del suo linguaggio, capace di dare verità visibile all’atto interiore della preghiera. Le costruzioni di Tadao Ando non pretendono di innalzare a Dio, ma più umilmente sembrano voler invitare il Padre a dimorare ancora tra i suoi Figli.

La “Chiesa della luce” di Ibakari, infatti, ne è un altro esempio. Essa rappresenta lo sforzo estremo per trattare dal punto di vista architettonico la luce, che diventa presenza viva e concreta. Solidi muri in calcestruzzo creano un’oscurità interiore in cui galleggia una grande croce di luce. Non vi è altro. Nulla, se non la tensione abbagliante dello spazio, isolato, esaltato e reso sacro.