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Approfondimenti/11

Da cristiani nella società plurale

Il cambiamento culturale in atto va affrontato con coraggio e con serenità

di monsignor Luca BRESSAN Vicario episcopale

18 Dicembre 2012

Al numero 12.4c della Lettera pastorale, il Cardinale scrive: «L’anniversario dell’editto di Costantino del 313 sarà l’occasione non solo per riprendere il tema della libertà religiosa, ma anche per una riflessione, da condividere con tutte le persone e istituzioni disponibili, sulla rilevanza pubblica della religione e sul bene per l’intera società di una comunità cristiana viva, unita, disponibile a farsi protagonista nel tessuto sociale secondo la sua specifica vocazione e secondo una idea di società democratica che anche i cristiani hanno contribuito a costruire e devono contribuire a rinnovare».

Queste parole introducono bene il Discorso che il cardinale Scola ha tenuto alla città e alle istituzioni civili durante i primi vespri di Sant’Ambrogio: la celebrazione di quello che lui stesso ha definito come un inizio mancato può essere la giusta occasione per aiutare tutti noi a immaginare secondo modalità inedite la nostra presenza di cristiani in una società che sta diventando sempre più plurale, e che vede anche a Milano una presenza al plurale delle religioni che trent’anni fa era difficile immaginare.

Il cambiamento interroga tutti. Anzitutto lo Stato e le istituzioni civili, chiamate a imparare un’idea di neutralità elevata potenza, che sappia considerare l’opzione di chi non crede come una delle opzioni possibili. Interroga anche noi, come Chiesa: è giusto chiederci cosa significhi abitare da cristiani questa società plurale, nell’ottica di costruire il bene comune.

Giustamente il Cardinale osserva, nel Discorso di Sant’Ambrogio, che «il cattolicesimo popolare ambrosiano – che non è privo di profonde fragilità sia nell’assunzione del pensiero di Cristo che nella pratica sacramentale e del senso cristiano della vita – si mostra tuttavia capace di risorse innovative per il vivere sociale, inimmaginabili nelle previsioni di qualche decennio fa. Il concreto tessuto ambrosiano di vita cristiana, forse in modo culturalmente minoritario, sta infatti cercando nuove forme per mantenersi capillarmente radicato nell’esteso territorio della diocesi». Il cambiamento culturale in atto va dunque affrontato con coraggio, ma anche con serenità: non rappresenta la morte del volto del cristianesimo che ci ha generato (il cattolicesimo popolare), ma piuttosto una sua maturazione, una sua evoluzione che presenta i tratti da un lato della purificazione e dall’altro dell’immaginazione profetica.

Un cristianesimo che, dopo aver conosciuto i tratti del cattolicesimo popolare, si appresta ad assumere la forma post-moderna del meticciato, del tessitore di reti entro le quali narrare in modo credibile la bontà della nostra fede. Questa è la sfida che l’anniversario dell’editto di Costantino ci pone davanti.

da Avvenire,15/12/12