Non c’è bisogno di molte analisi per dire che l’Europa è ancora in un momento difficile e la “casa comune” è ancora sottoposta a scosse non solo economiche e finanziarie. Le fondamenta resistono, la tenuta di un pensiero politico, che ha attraversato sei decenni senza gravi ferite, consente di reagire con maturità al pessimismo e alla tentazione della resa. Ci sono livelli di responsabilità, nazionali ed europei, che, pur non rinunciando a valutazioni critiche, non si lasciano andare a dichiarazioni di fine percorso. Ci sono, nonostante tutto, ancora idee e scelte che alimentano un progetto e tengono aperto un cantiere.
A impedire che il filo europeo si spezzi è una storia che, seppur breve, è ricca di pensieri, di fatti e di risultati. C’è una speranza che, lungi dall’essere fuga dalla realtà e rifugio nell’utopia, si è tradotta e ancora si può tradurre in capacità di leggere e interpretare i segni dei tempi; è stata e rimane preoccupazione operosa per un futuro da costruire con le nuove generazioni e per le nuove generazioni.
Su questa strada è stata ed è la Chiesa cattolica in Europa che, dal 29 giugno al 2 luglio, a Edimburgo (Scozia) ha visto riuniti, per l’annuale appuntamento, i segretari generali delle Conferenze episcopali europee. È stato il 40° incontro promosso dal Ccee, il Consiglio delle Conferenze episcopali europee: quarant’anni con il sapore della memoria, dell’impegno e del progetto.
Nel soffermarsi sulla nuova evangelizzazione e sull’Anno della fede, la Chiesa ha detto che il suo stare con amore nella storia europea ha oggi un supplemento di motivazioni e una rinnovata prossimità, perché non sfugge il rischio dell’impoverimento e dell’incertezza. Una prossimità che da sempre ha le radici nel primato di Dio da cui discende il primato dell’uomo ma che oggi occorre comunicare con più forza.
La voce della Chiesa attraversa i Paesi e le Istituzioni d’Europa: interroga e, soprattutto, indica alla società e alla politica le direzioni da prendere perché, nel pieno rispetto delle diverse e autonome responsabilità, si costruisca insieme il bene comune. Una meta raggiungibile solo percorrendo la strada della verità sull’uomo, sulla vita, sulla famiglia, sulla libertà religiosa, sulla libertà di educazione.
In questa prossimità pensante e operosa, s’inserisce il dialogo della fede con la ragione per rendere fertile anche lo spesso arido terreno politico: il deserto può fiorire. Si comprende, allora, la grande fiducia riposta nel laicato cattolico, perché motivi e realizzi una nuova presenza politica nella realtà europea e restituisca all’impegno politico il significato più alto, quello che viene dal Concilio: un’alta ed esigente forma di carità anche per l’Europa.
Non sono, dunque, lo scoraggiamento e la stanchezza le risposte dei cristiani a una innegabile complessità. Questo tempo difficile è un tempo favorevole a fronte dei non pochi tentativi di spingere la fede ai margini dello spazio pubblico. Anche in questo caso la risposta non può essere solo una legittima denuncia ma il recupero di un motivo in più per una presenza di “eccellenza” culturale, politica ed etica.
Dal 40° incontro del Ccee viene questo messaggio accompagnato da un richiamo alla cultura politica della solidarietà e alla speranza.