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10 ottobre

Con la speranza
per aiutare la salute mentale

In occasione della 20ª Giornata Mondiale pubblichiamo in allegato il messaggio dell’Arcivescovo. L’impegno degli operatori Caritas a supporto di chi, in questo periodo, rivela fragilità psichiche insospettate

di Paola SONCINI Responsabile Area Salute Mentale Caritas Ambrosiana

6 Ottobre 2012

Mercoledì 10 ottobre ricorre la 20ª Giornata Mondiale della Salute Mentale e il nostro Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, per questa occasione ha rivolto alla diocesi un messaggio sul tema della speranza, “Il potere della speranza, sorgente di forza e di salute per la persona”. È possibile sperare quando si è affetti da una malattia mentale? Sperare significa alimentare illusioni? Sono queste alcune domande che accompagnano chi opera in questo campo, professionista o volontario che sia, e, a volte anche con angoscia, i famigliari dei malati.

In questi anni di crisi nei quali anche chi non sembrava essere psichicamente fragile sta faticando a vivere con speranza la propria quotidianità, come Caritas ci siamo chiesti come favorire questa prospettiva di vita, di fiducia. La riduzione delle ore di lavoro o la perdita dello stesso suscitano ansia, possono far emergere debolezze fino ad allora ben mascherate, depressioni, mancanza di forze e di creatività per fronteggiare le difficoltà. Non siamo nel campo della malattia mentale, ma della fragilità psichica che comunque ci interpella.

Come area salute mentale di Caritas, da una parte, ci siamo attivati per incrementare la capacità di ascolto delle nostre comunità, per aiutarle a leggere la complessità delle situazioni e a saper individuare le risorse ancora disponibili a livello personale da rimettere in gioco. Dall’altra, è aumentato il tempo dedicato all’ascolto delle richieste che pervengono al nostro centralino diocesano, all’azione per rafforzare e sostenere gli operatori dei centri d’ascolto in prima linea in questa situazione di emergenza.

Come ben scrive il cardinale Scola, nella difficoltà, invece che attivarsi con speranza e guardare avanti, si rischia di cedere alla tentazione di rifugiarsi in un passato che, privato della sua carica di ambivalenza e fatica, sembra essere l’unica realtà ancora desiderabile. La speranza è stata sostituita dalla nostalgia. Aiutare allora a guardare avanti, riattivando i canali della speranza e il coraggio di ripartire, chiede un accompagnamento lento e paziente, sconosciuto ai più che, confidando nelle proprie capacità, credono che sia tempo perso.

La speranza invece, proprio per la sua dimensione interpersonale, può riattivarsi solo all’interno di una relazione di fiducia che, al contrario della tecnica, chiede tempi rispettosi dell’umano. Se per motivi economici e di strategia, si sceglierà di tagliare questi rami considerati poco proficui, rischieremo di far crescere una società efficiente ma intrisa di solitudine, incapace di sviluppare reti di solidarietà e di fiducia: una società senza speranza.

Con questa azione di sensibilizzazione e di formazione vorremmo accompagnare le nostre comunità alla scoperta di chi c’è dietro alla malattia, l’altro nella sua unicità, capace potenzialmente di vivere una vita dignitosa e soddisfacente, possibile se ci si sente accolti, rispettati e incoraggiati a impiegare risorse per la propria crescita. È un’esperienza impegnativa che chiede forza interiore, un forte dispendio di energie per sperare nella persona malata, per lei, con lei.